100 giorni di strage a Gaza, gli argomenti di Israele non reggono più

I principali, nonché più venduti in tutti i sensi, quotidiani ci spiegano che sono ormai stati superati i 100 giorni dal cominciamento delle operazioni su Gaza. Cento lunghi giorni di efferatezze disumane sulla popolazione civile, aggiungiamo noi. Popolazione civile che viene trattata senza pietà alla stregua di una massa di indesiderati e di terroristi. Poco importa evidentemente per la cosiddetta comunità internazionale, un altro nome ipocrita dell’Occidente stesso, che si tratti in verità di civili, compresi bambini e donne, sottoposti a supplizi e efferatezze di ogni genere. Chiariamo una cosa: non si tratta di una guerra, come viene presentata. La guerra presuppone il contrapporsi di due eserciti, per quanto squilibrata possa essere la potenza in atto. Qui abbiamo a che vedere, semmai, con un massacro a senso unico di una parte contro l’altra, più precisamente un massacro a documento di civili che a Gaza vivono come in una prigione a cielo aperto, senza diritti e sottoposti a ogni genere di efferatezza. Gli argomenti che usualmente vengono mobilitati per giustificare questa strage, che da più parti si è preso apertamente a definire genocidio, sono stati e continuano a essere due.

Il primo argomento è quello secondo cui si tratta, in verità, di una risposta lecita di Israele al terrorismo infame di Hamas. Questo argomento mi pare claudicante per due motivi. In primis, da che lascia surrettiziamente intendere che al terrorismo è lecito rispondere con il terrorismo, dunque legittimando l’uso del terrorismo stesso. In secondo luogo l’argomento mi pare claudicante, giacché in verità le politiche di Israele, rispondendo terroristicamente al terrorismo di Hamas, non colpiscono certo i terroristi di Hamas. Colpiscono invece la popolazione civile, trattata come se fosse un branco di terroristi da colpire senza pietà. Il secondo argomento che viene mobilitato dagli araldi del discorso, dai padroni monopolisti del pensiero, asserisce che Israele ha il diritto di difendersi. Peccato però che per diritto di difendersi venga qui assunto il diritto di Israele a colpire senza pietà la popolazione di Gaza.

Viene cioè chiamato di diritto di difendersi quello che è, a ben vedere, un gesto palesemente offensivo e non difensivo. Quel che più stupisce a onor del vero non è poi nemmeno il contegno inaccettabile e terroristico di Israele. È invece il silenzio assordante della comunità internazionale, che in tal guisa si fa complice di questa strage d’innocenti. Strage che ormai dura da cento anni, strage che avviene nel silenzio generale della comunità internazionale, la quale, quando non tace, addirittura si spinge a giustificare questa tragedia, questo genocidio. E come genocidio è stato classificato recentemente dal Sudafrica, che ha scelto di portare Israele al Tribunale dell’AIA. Non nutro grande fiducia nel Tribunale dell’Aia, lo preciso, dacché si tratta pur sempre della giustizia dei vincitori, quella che viene fatta valere al Tribunale dell’Aia. E quindi non è difficile immaginare quali saranno gli esiti. E tuttavia è un gesto importante, che segna una svolta nel modo di presentare e concepire quanto sta avvenendo da più di cento giorni ormai a Gaza, terra martoriata e trattata alla stregua di un luogo che non ha dignità e non deve forse nemmeno esistere.

Radioattività – Lampi del pensiero quotidiano