Caro Mattarella, stavolta sulla paura siamo d’accordo con lei, ma diciamola tutta

Il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha autorevolmente detto recentemente che “non bisogna cavalcare le paure“.
Questa è letteralmente l’espressione da lui impiegata. E non possiamo in effetti che essere d’accordo con lui.
Peccato che siano ormai più di vent’anni che le paure vengono cavalcate e soprattutto con l’emergenza epidemica questa tendenza è stata rafforzata in forma iperbolica. Si cavalcano senza posa le paure, in specie se consideriamo che il neoliberismo progressista si fonde esattamente sullo stato di emergenza permanente e su una condizione di terrore generalizzata.
Condizione di terrore generalizzata che viene utilizzata ad arte come strumento politico.

I tre anni dell’emergenza epidemica, lo ripeto, possono tranquillamente essere letti secondo questa chiave ermeneutica.
La paura svolge una parte fondamentale in politica, non meno del divertimento.
Anzi, si può ragionevolmente asserire che il potere usa, secondo dosi variabili, la paura e il divertimento per governare le anime e i corpi, per gestire le cose e le persone. Paura e divertimento sono in effetti i due ingredienti fondamentali con cui il potere ci domina: per un verso distraendoci mediante lo spettacolo, oggi orchestrato dall’industria televisiva e giornalistica; per un altro verso terrorizzandoci e dunque rendendoci fragili e disposti ad accettare l’inaccettabile.

L’abbiamo appreso in questi anni di emergenza ma, come dicevo, l’ordine neoliberale già da tempo si fonda sulla paura permanente.
Il futuro è mutilo, le passioni euforiche della modernità aperte all’avvenire si sono essiccate e resta soltanto lo stato di terrore permanente.
Il sistema mediatico poi svolge una parte di primaria importanza nel trasmettere le paure, nel suscitare o potenziare uno stato di emergenza che viene poi prontamente utilizzato ad arte dalla politica, la quale lo usa per imporre misure stringenti e oppressive, come quelle che abbiamo appunto visto operative nei tre anni terribili dell’emergenza epidemica.

Misure oppressive e repressive che, in assenza della paura, mai verrebbero accettate e che invece, proprio per via di quella paura che ci rende fragili e deboli, siamo indotti ad accettare favorevolmente, specie se ci viene spiegato che esse sono funzionali a garantire la nostra sicurezza messa a repentaglio dallo stato d’emergenza.

Insomma, la cosa di cui bisogna avere paura oggi è soprattutto la paura, in specie se si considerano le sue conseguenze politiche messe puntualmente a frutto dal potere neoliberale.
L’ordine di cui siamo abitatori oggi, deve essere chiaro, si fonde intrinsecamente sulla paura.
Ed è per questo che dovremmo essere molto attenti ogni qualvolta sentiamo l’ordine del discorso che va sostenendo l’emergenza di nuove paure, di nuove situazioni di crisi. Ecco la domanda da porre è se realmente ci troviamo al cospetto di un’emergenza o se non sia l’ordine del potere che necessita dello stato di emergenza per poter governare le anime e i corpi.

Radioattività – Lampi del pensiero quotidiano con Diego Fusaro