Woodstock 1969: quando la musica cambiò per sempre

Il Festival

Alle 17:07 di un torrido pomeriggio del 15 agosto 1969, nei dintorni di una piccola cittadina rurale dello stato di New York, Bethel per la precisione, Richie Havens inaugura l’evento che tra fango, chitarre distorte e droghe sintetiche segnerà per sempre la storia di una generazione diversa dalle altre e cambierà irrimediabilmente le sorti della musica moderna.
La fiera delle musiche e delle arti di Woodstock, per tutti semplicemente ‘Woodstock’.
Qualsiasi ‘sessantottino’ che si possa definire tale, che abbia vissuto o meno il festival in prima persona, ricorderà con un brivido di eccitazione lungo la schiena la distesa di 400-500 mila “figli dei fiori” che accalcavano i prati melmosi delle campagne tra Bethel e Woodstock predicando a squarciagola di pace, amore e controcultura.
Al principio del più grande festival di tutti i tempi ci fu l’idea di quattro ventenni: Michael Lang, Joel Rosenman, John Roberts e Artie Kornfeld, i quali volevano “soltanto” creare “una tre giorni (ininterrotta) di pace, musica e rock”, come recitava la locandina dell’evento. Ignari del fatto che di lì a poco le strade dello stato di New York sarebbero state invase da ingorghi interminabili di automobili e che gli artisti sarebbero stati trasportati sul palco da aerei militari a causa della folla oceanica che impediva il transito di qualsiasi mezzo su ruote.

Gli aneddoti

Woodstock 69′ lascia in eredità alcuni tra gli aneddoti più affascinanti quanto surreali che siano mai stati trascritti negli annali della musica dal vivo:

Janis Joplin venne trasportata sul palco da un team di assistenti a causa della sua pessima condizione psicofisica e al mix di eroina tequila e vodka che l’aveva stordita, regalò a quel mezzo milione di hippies estasiati una delle migliori esibizioni della sua carriera.

Uno dei momenti più iconici del festival è rappresentato dalla performance di Jimi Hendrix. La stratocaster più famosa della storia avrebbe dovuto dimenarsi sul palco di Woodstock un giorno prima del previsto, ma alle 9:00 del 18 agosto 1969 Jimi Hendrix da inizio all’esibizione più emblematica della storia del rock e, davanti a circa 40.000 superstiti, da vita ad un vero e proprio concerto della durata di due ore che successivamente diventerà un album intitolato “Live at Woodstock“.

John Lennon dichiarò esplicitamente agli organizzatori del festival di voler a tutti i costi anche un’esibizione di Yoko Ono sul palco di Woodstock, la risposta fu negativa e Lennon rifiutò di esibirsi.

Durante “la tre giorni di pace, musica e rock” si registrarono due morti e due nascite.

Santana, prima del festival sconosciuto, dichiarò anni dopo la sua epica esibizione a Woodstock di “non aver mai suonato davanti ad una folla del genere così alterato dagli effetti dell’LSD”.

I The Who si esibirono intorno alle 4 del mattino perché non avevano trovato un accordo economico con gli organizzatori prima di quel momento.

Ci furono altre due edizioni di Woodstock successive a quella del 1969 e si rivelarono due flop nonostante i nomi di altissimo livello presenti.

I Grateful Dead suonarono dopo aver preso una fortissima scossa a causa della pioggia che si era riversata sulla strumentazione.

Gli artisti in scaletta

15 Agosto: Richie Havens, Swami Satchidananda, Sweetweater, Country Joe McDonald, John Sebastian, The incredible String Band, Bert Sommer, Tim Hardin, Ravi Shankar, Melanie Safka, Arlo Guthrie, Joan Baez.

16 Agosto: Quill, Keef Hartley Band, Santana, Canned Heat, Mountain, Janis Joplin, Sly & The Family Stone, Grateful dead, Creedence Clearwater Revival, The Who, Jefferson Airplane.

17-18 Agosto: The Grease Band, Joe Cocker, Country Joe and the Fish, Ten Years after, The Band, Blood Sweat & Tears, Johnny Winter, Crosby-Stills-Nash-Young in acustico, Paul Butterfield Blues Band, Sha-Na-Na, Jimi Hendrix.


Tutto quello che abbiamo ereditato da soli quattro giorni di musica ininterrotta ha rappresentato per generazioni e generazioni di giovani sognatori e rivoluzionari il mito per eccellenza, l’apice di una libertà così sfacciata e impetuosa che non sarebbe mai più ritornata.
Woodstock ha simboleggiato, nel modo più plateale possibile, l’urlo spassionato di chiunque abbia provato a cambiare le regole del gioco, di chiunque si sia sentito libero almeno per un istante.
Woodstock vuol dire ribellione, cambiamento e controcultura. Woodstock ha cambiato la storia della musica e, perché no, anche quella delle persone.