L’idea generale delle nuove norme ESG è che l’economia dovrebbe diventare una cosa nella quale le imprese si occupano dell’ambiente e del sociale. Tutto bello e anche molto poetico. Giusto per rovinarci la vita e tornare a scrivere come biechi analisti finanziari o consulenti di strategia aziendale ci sovvengono le parole di uno ritenuto tra i fondatori dell’economia moderna: Adam Smith. Nella seconda metà del XVIII secolo, per la precisione nel 1776, scrive un libro dal titolo “Wealth of Nations”, la ricchezza delle nazioni, destinato a rivoluzionare il pensiero economico di tutto il mondo, perlomeno quello occidentale. Scrive, in un passo che viene narrato e spiegato a qualsiasi studente universitario di economia, che non è dalla benevolenza del macellaio, del birraio o del panettiere che noi ci aspettiamo il nostro pranzo, ma con riguardo al suo proprio interesse. Noi guardiamo a noi stessi non alla loro umanità e nemmeno al loro amore per se stessi, e non parliamo mai a loro delle nostre necessità ma dei loro vantaggi. Questo brano viene spesso citato come un passo di cinismo, di egoismo eccetera eccetera. In realtà Adam Smith era anche un filosofo, un filosofo morale. Tutt’altro che questo cattivone che alle volte viene descritto, dice delle cose ovvie. Quando viene un elettricista in casa vostra, quando viene uno che vi cambia un tubo del rubinetto, non lo fa perché vi vuole bene o perché c’è l’amore, l’ambiente: lo fa per denaro. L’economia funziona così.

Mi dispiace, qualcuno lo deve pur dire. Ecco, io lo dico perché non mi piace l’ipocrisia. Questa ipocrisia che c’è dietro queste norme cosiddette ESG. Ne parlo da qualche giorno perché non ne parla nessuno, è l’argomento più importante di tutto in ambito economico. Questa visione di ambiente, questa visione di sociale, trascura l’insegnamento di base di tutti i grandi dell’economia. L’economia si basa sull’interesse delle persone. C’è uno che risolve un problema? Viene pagato per farlo. C’è uno che ha un problema? Io gli offro dei prodotti e dei servizi per risolverlo. Questo è il cuore dell’economia. Tutto il resto è qualcosa che viene dopo, cioè prima bisogna costruire il valore, poi si può pensare di distribuirlo.

Ma questa visione, che è una visione concreta, non è la visione dei topi di biblioteca.