Doveva essere un punto di svolta, una misura chiave per iniziare l’attuazione di quel programma elettorale che ha portato le destre al trionfo. A ben vedere, però, la manovra economica targata Meloni sembra un colpo di coda del governo Draghi. Lo sembra soprattutto sulle misure bandiera, come il limite minimo per l’obbligo di POS e il tetto che limita l’uso del contante. Il primo è stato eliminato (i commercianti saranno obbligati ad accettare i pagamenti digitali per qualsiasi importo), mentre il secondo è rimasto a quota 2000€ e, se non subentreranno correzioni, dal 1 gennaio 2023 scenderà addirittura a 1000. Sul POS, dopo i proclami sul tetto a 60€, il governo ha dovuto abdicare di fronte ai rimproveri dell’Unione europea (che poneva dubbi rispetto agli obiettivi del PNRR), mentre sulle limitazioni alla moneta contante il ministro dell’Economia Giorgetti ha invocato un “errore della Ragioneria di Stato”.

Altro che ritocchi: rispetto alle intenzioni iniziali, la manovra è stata del tutto ribaltata“, commenta Marco Antonellis, direttore del Giornale d’Italia. “E dire che del POS avevano fatto una battaglia identitaria per mesi, così come sul tetto al contante. Bastava ascoltare i dubbi sul merito di noi giornalisti, o approcciare la questione tramite una contrattazione con le banche invece che con i proclami. E poi, Meloni nei primi mesi di governo ha troppo inseguito Salvini: è un errore da matita rossa. Un partito che ha trionfato alle elezioni non può inseguirne uno che ha perso malamente. Penso non solo alle battaglie identitarie di cui sopra, ma anche alla tensione diplomatica con la Francia sull’immigrazione. La gente è stanca di questi personaggi che vivono di politica sui social, vogliono i fatti senza troppe chiacchiere, sono stufi delle quisquilie pompate all’infinito. Le marce indietro del governo stanno iniziando a essere troppe. Sono un fenomeno tipico di Salvini, che si è più volte ripetuto con le dichiarazioni e le votazioni al governo Draghi“.

Tra le misure identitarie che hanno resistito alla retromarcia del governo sulla manovra, il ridimensionamento del Reddito di cittadinanza. Lo strumento, cavallo di battaglia dei cinque stelle, è stato ulteriormente ridotto da 8 a 7 mensilità, con l’obiettivo dichiarato dell’esecutivo di cancellarlo in favore di un’altra misura che, a detta del governo, può essere più funzionale a trovare lavoro. “Anche in questo caso, però non sanno come farlo. Quante volte abbiamo lodato Meloni per la sua coerenza? Beh, questa sua qualità non è affatto presente nel suo governo. Il rischio è che questo la porti a un calo vistoso nei consensi“.