I pagamenti fisici e digitali stanno prendendo ampio spazio nel dibattito politico, tra limiti all’uso del contante e obblighi più o meno alti nell’accettare transazioni via POS. Il governo stesso al suo interno è molto diviso sul tema, in particolare riguardo i pagamenti elettronici. La componente salviniana vuole un tetto a 60€, al di sotto del quale i commercianti potrebbero rifiutarsi di accettare questa forma di compenso, mentre Meloni ha lasciato intendere che tale importo può essere rivisto verso il basso.
E gli italiani? Per la società di sondaggi Euromedia preferiscono il POS, e la maggior parte di loro non apprezza la decisione del governo sul contante (67%). Il consenso per i rispettivi partiti, però, non cambia granché, segno forse di una certa rassegnazione da parte degli elettori di destra che, nonostante le promesse, più di tanto il governo non possa fare. Del resto, l’esecutivo deve tenere in ordine i conti, nel momento in cui sceglie di restare nella gabbia europea.
Si va verso un mondo dove tutti i pagamenti sono tracciati, tutte le transazioni si stanno digitalizzando e gli sportelli sono sempre meno. Si possono sollevare anche temi etici, pensiamo a come si è smaterializzato il materiale dei correntisti russi. Siamo al capitalismo della sorveglianza, per dirla come Shoshana Zuboff. Ci avviciniamo al modello cinese, dove ogni cosa è digitalizzata. Non mi pare il caso, però, di demonizzare, usare parole come “rompiballe”: bisognerebbe usare la giusta serietà per parlarne.
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