Il Governo italiano da almeno un quarto di secolo (cioè da almeno la metà degli anni ’90) sta sistematicamente tagliando fette di spesa pubblica e ci sono una serie di dati che io ho già pubblicato, tratti da dati Eurostat ossia da commercialisti della mia scuola MasterBANK, i tagli primari sono stati nella scuola primaria, nell’agricoltura, nella biodiversità ambientale, nelle foreste, nell’ambiente, nello sviluppo di comunità, scuola secondaria, trasporti, servizi ospedalieri, istruzione terziaria e cc.
A mio parere il taglio è stato effettuato per tutte quelle cose per le quali esiste uno Stato e una comunità giuridicamente riconosciuta. Non si può prescindere nel giudizio morale sulla politica economica da tali dati storici. In sintesi la spesa pubblica italiana ha un trend decrescente dal 2009, anno della crisi economica.
Sto affermando che quello che sta succedendo nel dibattito politico è parlare di tutto tranne che di quello che veramente serve. Slogan elettorali a destra e sinistra, di fatto non fanno altro che avere una visione di breve e brevissimo termine. Manca una visione di tipo strategico, che è l’unica cultura e dimensione di tipo politico. Parlo di politica economica, il taglio della spesa pubblica è stato negli ultimi trent’anni continuo ma in modo particolare accelerato dal 2009. Dopo la cosiddetta crisi finanziaria, lo Stato italiano ha continuato a tagliare la spesa pubblica nei servizi essenziali per oltre il 50%, ha condotto ad una contrazione delle spese di investimento, dei consumi e di conseguenza anche ha progressivamente ridotto i risparmi degli italiani.
Ora, la cosa paradossale è che questa ricetta non funzioni e lo si vede che non funziona ormai da vent’anni e la cosa assurda è che tutti i partiti politici continuano ad accettare questo mantra di riduzione della spesa pubblica rispetto al pareggio di bilancio di rimettere a posto il bilancio stesso dello Stato che in realtà serve solo a pagare interessi speculativi non dovuti a un sistema di banche private.
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