Oggi assistiamo sempre di più ad uno svilimento ad una castrazione dei mezzi di informazione. Questo accade perché l’informazione viene interpretata come una sorta di mezzo per veicolare messaggi di altri senza facoltà di contraddittorio o di approfondimento. Basti pensare al team di lavoro costruito intorno ai politici e candidati che si presenta all’interno dei media, come se fossero essi stessi i proprietari dell’informazione, queste le considerazioni di Fabio duranti che chiede: “Può definirsi questa informazione?”

Pronto a ribattere Alessandro Meluzzi che per rispondere a tale domanda interpella la storia: “Si può immaginare una situazione del genere per dei personaggi politici di rilievo come Napoleone, Giulio Cesare […]? Sarebbe stato inimmaginabile. Perché evidentemente la caratura dei personaggi, oltre all’epoca storica, sarebbe stata improponibile”. Facendo riferimento ad un celebre spot Telecom andato in onda negli anni 2000, Meluzzi ripropone il quesito presente nello spot in cui veniva invitato lo spettatore ad interrogarsi su come sarebbe stato il mondo se Gandhi e Gesù Cristo avessero avuto a disposizione la rete mobile per comunicare al mondo intero. “Non sarebbe cambiato nulla – irrompe lo psichiatra – perché ci sono dei personaggi che prevaricano e superano addirittura i confini del medium e ci sono dei personaggi che invece diventano un puro prodotto del mezzo, addirittura un’icona. Quindi – continua Meluzzi – i personaggi della politica, oggi, sono perfetti per la riduzione della politica a teatro”. Si tratta di una comunicazione superficiale priva di empatia e priva di coraggio nel ricevere un feedback dall’interlocutore e questa interazione politica del nostro tempo si riflette di fatto anche nei rapporti sociali tra giovani, sottolinea lo psichiatra. “Questa comunicazione senza comunicazione è perfetta per i leader senza leadership” evidenzia Meluzzi. Il ruolo del politico sembrerebbe cambiato, dunque, da colui chiamato a prendere delle decisioni a colui che presta il volto e la voce di decisioni prese altrove.

Se politici tornassero a fare davvero i politici accettando interviste vere, avrebbero maggiore consenso? È possibile fare delle domande vere con risposte vere su situazioni pregresse realmente accadute come per esempio sull’emergenza sanitaria, sulle azioni prese nei confronti di chi non ha saputo dare idonea consulenza, o ancora sulla magistratura? “La politica vuole occuparsi del bene pubblico?”, questi alcuni dei quesiti da porre ai politici in un confronto vero, reale, sottolinea Fabio Duranti.

 “Il pesce puzza già dalla testa” irrompe il Prof. Alberto Contri, che già nei primi anni 2000 aveva riscontrato già i segnali evidenti di un degrado sociale. La comunicazione oggi è gestita superficialmente dai politici che, consapevoli di gestire il potere, sono abituati a interviste c.d. in ginocchio con domande concordate, sottolinea il docente di comunicazione sociale. L’amara riflessione da fare secondo Contri è che: “si è giunti al punto in cui non è vergognoso assimilare il marketing politico al marketing commerciale” in cui la credibilità però diviene una discriminante fondamentale. Del resto disattendere le aspettative del consumatore è l’errore più grande per qualsiasi brand che difficilmente il consumatore perdona, figuriamoci per la politica.