E adesso, le agenzie dell’informazione controllata e della manipolazione professionale ci segnalano che esiste all’improvviso una nuova pericolosissima categoria: quella dei ‘no-sic’ ossia i negazionisti della siccità. Più volte abbiamo richiamato l’attenzione sull’uso demenziale e a tratti delinquenziale della categoria di negazionismo destoricizzata e decontestualizzata rispetto all’uso storiografico che in uno specifico ambito la caratterizza. Il successo ideologico in ogni caso è garantito: con la categoria destoricizzata di negazionismo si paragona nemmeno troppo obliquamente, chi di volta in volta sia colpevole di mettere in discussione la narrazione dominante (sul Covid come sulla siccità) a un negatore della Shoah.

Insomma, vi è una mostrificazione in piena regola. Chi osi dubitare viene perciò stesso chiamato negazionista e dunque paragonato al peggiore esemplare umano esistente, quello che non ha nemmeno la dignità di tacere su un argomento come quello della Shoah rispetto al quale prende una posizione delirante. Peraltro questo modus operandi con cui si delegittima il pensiero abbinandolo alle cose più orrende, come appunto i negazionismo della Shoah risulta del tutto coerente con lo spirito del nostro, con lo ‘Zeitgeist’ direbbe Hegel. Spirito del nostro tempo che, come ben sapete non lascia spazio alcuno al dissenso e al pensiero critico. Li accosta subito anzi agli orrori del negazionismo o alle bizzarrie acefale del terrapiattismo. Un modo come un altro di spezzare le gambe in partenza allo spirito critico, riconducendo le teste e i cuori nel recinto controllatissimo dell’ortodossia dominante di completamento dei rapporti di forza. Quello che abbiamo in più occasioni chiamato ‘il nuovo ordine mentale’, di completamento del nuovo ordine mondiale turbo-capitalistico.

Lo schema procede sempre nel medesimo modo: ogni modo di pensare critico, ogni volontà di forme di interpretare il nostro presente, magari tornando a far valere quello spirito dell’acritico – avrebbe detto Marx – quelle armi della critica che sappiano mostrare le contraddizioni che innervano il nostro tempo. Ebbene, ogni pensiero critico viene delegittimato e uno dei modi principali di delegittimarlo sta appunto nell’accostarlo immediatamente a orrori come il negazionismo o a tesi del tutto strampalate come quelle di chi sostiene che la terra sia piatta. Non c’è spazio per il pensiero critico e dunque anche per la filosofia che è per sua essenza pensiero critico. ‘Questionare su tutto’, diremmo socraticamente. Porre la domanda del ‘Ti estì’ e dunque non accettare la bruta presenza delle cose, senza interrogarsi su di essa. Ma è poi anche la messa a morte della possibilità di trasformazione della realtà, la stessa trasformazione che ha sempre come presupposto una sua interpretazione critica ed è solo interpretando criticamente la realtà che può poi rampollare l’esigenza di modificarla, ove essa risulti discordante rispetto alle pretese della ragione. Annientata la critica possibile, è annientata ipso facto la possibilità di modificare la realtà che viene in tal guisa innalzata a un destino eterno, a un rapporto immutabile anzi presentato come natura eterna già da sempre data.

In questo modo si trasforma in ideale il proprio presente storico e in questo modo trionfa su tutto il giro di orizzonte il più lugubre dei teoremi, quello che fa da sfondo costante alla nostra epoca, quello che si lascia condensare in un acronimo che può apparire (a tutta prima) anche seducente: ‘T.I.N.A: there is no alternative’.

Radio Attività – Lampi del pensiero quotidiano con Diego Fusaro