La convinzione del cittadino di vivere una crisi, a prescindere dal fatto che essa veramente lo sia, è fondamentale.

Da tempo scrivo e affermo che negli ultimi decenni non ci sia stata nessuna presunta crisi, tantomeno finanziaria, ma solo il cambiamento deliberato e pianificato di un sistema economico. Tale cambiamento ha avuto origini non finanziarie ma economiche e alla base ci sono state delle cause morali.

Le speculazioni finanziarie dei periodi di crisi sono possibili infatti solo in un contesto sociale che ha tolto il dibattito morale dal pensiero economico. Così appare del tutto normale e naturale che, nei mesi in cui si distruggono centinaia di migliaia di piccole imprese, le aziende corporate di alcuni settori – prioritariamente, ma non solo, quelle della transizione digitale – facciano affari d’oro nelle borse.

Voglio commentarvi questo brano, poi chi desidera può trovare questo tipo di ragionamenti nel mio ultimo libro “Le Grandi Balle dell’Economia”. Una delle grandi balle è che si possa vivere senza lavorare. Questo è un assunto che viene sviluppato con modelli politici. Un esempio è il reddito di cittadinanza che ha lo scopo fondamentale di fare quello che ai tempi degli antichi romani si chiamava panem et circenses, nel senso che va bene per un breve periodo salvare le persone, ma non può essere un modello di vita duraturo: se non fa entrare queste persone nel mondo del lavoro significa fare assistenza e questo, quando percorre diversi anni, è chiaramente un progetto. Ma soprattutto l’altro è dare il messaggio, che molti stanno ricevendo, che si possa vivere solo ed esclusivamente di finanza. Questo, che è un modello predatorio, può funzionare solo per pochi ma non per tutti: il valore non si crea nelle borse, i valori si creano nelle stalle.

L’umanità, da sempre, ha dovuto lavorare per vivere. C’è anche un insegnamento nella dottrina sociale della Chiesa, nella Bibbia e in molti documenti si parla del sudore della fronte e della necessità dell’uomo di lavorare, perché è nel lavoro che l’uomo si nobilita e soprattutto produce il valore. Le borse spostano valore, da una parte all’altra. Questi sono concetti di economia umanistica (su cui si può essere d’accordo o meno). In questi giorni sto facendo un’attività di impresa (sono a Milano per fare una consulenza) ma sto parlando di creare valore dando posti di lavoro, creando lavoro. Nelle borse invece il lavoro e il valore vengono spostati, non vengono creati.

Malvezzi Quotidiani – Pillole di economia umanistica con Valerio Malvezzi