Desidero oggi discutere con voi di come tutti, o quasi tutti, stiano celebrando Mario Draghi e rivolgendogli delle preghiere affinché non abbandoni il posto in cui è, vale a dire la plancia di comando in qualità di Presidente del Consiglio. Vi sono tantissimi articoli che riportano questo tenore, ad esempio sull’Huffington Post leggo l’articolo forse più genuflesso rispetto all’interesse padronale e bancario dell’ordine capitalistico: ‘Please, don’t go. USA e Unione europea implorano Draghi: ripensaci’. Insomma, i padroni della Bce e di Washington non vogliono certo che un così fedele uomo delle classi dominanti abbandoni la plancia di comando.

Quel che stupisce è che anche la CGIL, che dovrebbe essere idealmente il sindacato dell’interesse dei lavoratori contro il capitale, di fatto si schieri con Mario Draghi. Leggo su Il Foglio: ‘CGIL con Draghi: il Premier vada avanti’. 5 stelle primi responsabili della crisi, dice il Segretario dello SPI’. Insomma, il sindacato si schiera dalla parte del banchiere di Goldman Sachs che massacra i lavoratori che il sindacato dovrebbe difendere. Paradosso dei paradossi, si potrà ben dire. Nemmeno troppo, si tratta non certo di un errore dovuto al caldo estivo, bensì del momento culminante di una parabola dissolutiva kafkiana del sindacato, che è divenuto gradualmente, proprio come la sinistra, parte espressiva dell’interesse dei gruppi dominanti.

La sinistra e il sindacato, proprio come la destra, rappresentano ormai idealmente la visione del mondo dei gruppi dominanti, cosicché i lavoratori si trovano proiettati in quella condizione che è stata giustamente detta ‘la solitudine dei lavoratori‘, i quali non sono più rappresentati né politicamente né sindacalmente. Sotto questo riguardo, abbiamo una desindacalizzazione integrale del mondo del lavoro, che avviene in parte per ragioni oggettive (il capitale che riesce con successo a svincolarsi da ogni controllo politico e sindacale anche grazie alla precarizzazione del lavoro), in parte per ragioni soggettive, se consideriamo il fatto che proprio come larga parte degli esponenti delle sinistre passate dal rosso al fucsia, dalla gloriosa falce e martello alla nuova sinistrash consumista, di completamento dei rapporti di forza dominanti, anche il sindacato si è scostato dalle classi lavoratrici con un paradosso: il sindacato, che un tempo difendeva gli interessi dei lavoratori, oggi difende gli interessi opposti.

E non per caso difende un Governo e le sue riforme (‘il Governo dei migliori’) ben sapendo, o fingendo di non sapere, che le riforme in questione sono quelle delle classi dominanti. Nella società bi-classista, ce lo ha insegnato Marx, il paradiso degli ‘happy few’ si fonda sull’inferno dei più, delle classi lavoratrici. E quando il sindacato, come la sinistra e alla stregua della destra, difende l’interesse delle riforme fatte dai gruppi dominanti, davvero vi è motivo di seria preoccupazione per le classi lavoratrici, che sempre più sono abbandonate.

Ecco perché potremmo parlare di momento culminante della decomposizione del sindacato o, se preferite, della desindacalizzazione del mondo del lavoro, oltre che di generale subalternità ideologica alla potenza dell’ex banchiere di Goldman Sachs, Mario Draghi, l”euroinomane di Bruxelles’. Del resto, ricordate tutti l’immagine di Mario Draghi che pone la sua mano sulla spalla di Landini, protagonista del sindacato in questione: quell’immagine, dicemmo già a suo tempo, compendia in sé e cristallizza il rapporto asimmetrico di forza per cui uno comanda, l’altro obbedisce. Questa è la simbologia del potere racchiusa in quell’immagine.

Ebbene, quell’immagine non ha tradito la nostra interpretazione, non era sbagliata la nostra ermeneutica dell’immagine che in qualche misura ravvisava in quella posa un rapporto di forza decisamente asimmetrico, che ora viene confermata. Ed è confermato perché la CGIL, anziché giubilare per la fine del Governo di Mario Draghi e magari auspicare l’avvento di un Governo più sensibile alle ragioni del lavoro e delle classi lavoratrici, prega Draghi affinché egli resti lì dove è, sulla plancia di comando. Davvero, non vi è altro da aggiungere e, per dirla con una frase semplificatoria ma credo efficace, ‘ci sarebbe davvero da ridere, se non ci fosse, come invece vi è, da piangere’.

#Radioattività – Lampi del pensiero quotidiano con Diego Fusaro