Si tratta di una notizia che ha circolato nei giorni scorsi e che val bene una piccola riflessione filosofica: la notizia riguarda il fatto che dopo McDonald’s, anche il marchio atlantista Nike abbandona la Russia. Ebbene sì, la Russia tende ad essere abbandonata dai grandi marchi della globalizzazione merciforme, sicché possiamo dirlo senza tema di smentita avanza il processo di deglobalizzazione felice della Russia che sempre più appare libera dal giogo mortifero di Washington e dal capitale Borderlands. In effetti, quello che sta accadendo con la guerra in Ucraina può essere letto anche secondo questa chiave ermeneutica: non solo (com’è evidente) come il senso di un conflitto tra un area del mondo, per altro piuttosto estesa che, guidata dalla Russia e dalla Cina, si rifiuta di piegarsi all’imperialismo statunitense o (se preferite) a quella che impunemente viene chiamata globalizzazione e che altro non è infondo se non ‘anglobalizzazione’: l’occupazione americana dell’intero pianeta quale si è venuta delineando soprattutto dopo il 1989.

Accanto a ciò e connesso con ciò, vi è anche in maniera più palese uno scontro tra il colonialismo culturale della globalizzazione della forma merce che trova nel paradigma americano il proprio ubi consistam e un vero e proprio processo di decolonizzazione culturale guidato al momento dalla Russia. È proprio come se si dessero intrecciati due conflitti: da un lato quello geopolitico ed economico, il conflitto tra il blocco occidental-capitalistico, trainato dalla civiltà del dollaro e dalle sue colonie (in primis l’Unione Europea) e dall’altra parte il blocco orientale dei paesi detti un tempo ‘non allineati’, guidato a sua volta dalla Cina e dalla Russia. Un conflitto geopolitico dunque, che pone in essere le basi per una ricostituzione del mondo pre 1989 che ricordiamo era diviso in due blocchi. Sembrava dopo il 1989 che il mondo fosse destinato a essere riassorbito dalla potenza del dollaro secondo quella dinamica di globalizzazione che altro non diceva se non la sussunzione dell’intero pianeta sotto le insegne washingtoniane. Ed ecco che ora s’inceppa il processo dacché vi è l’emergenza di nuove potenze come la Russia o la Cina che non si piegano a questo processo e che anzi oppongono resistenza ricostituendo un multipolarismo in fieri.

E poi abbiamo lo scontro culturale: da un lato la civiltà del nulla, quella americanocentrica, fondata non per altro sulla forma merce, emblema del nichilismo. Parafrasando Nietzsche e Marx: “La morte di Dio si compie nel mercato” o meglio nella mercificazione integrale del mondo della vita. Una cultura del nulla che si esprime, ad esempio, nella cosiddetta cancel culture, che non va tradotto con ‘cultura della cancellazione’ ma meglio con ‘cancellazione di ogni cultura, abbattimento delle vestigia della nostra stessa civiltà, espressione di quel nichilismo (l’ospite più inquietante di cui diceva Nietzsche) che già sta proiettando il proprio cono d’ombra e risucchiando nella propria voragine l’intero Occidente. Contrapposto a ciò c’è il modo di resistere che la Russia sta proponendo, valorizzando la propria cultura nazionale, letteraria e religiosa ortodossa. Quasi come se stesse opponendo resistenza al nulla che avanza, al nulla rappresentato dalla cultura Washingtoniana, la civiltà dell’hamburger e della cancel culture. Anche questo è in atto in questo processo e non va assolutamente trascurato.

Radio Attività – Lampi del pensiero quotidiano con Diego Fusaro