“Il problema della mascherina mi tormenta. Io mi presenterò senza e vedrò se mi fanno entrare. Se non mi fanno entrare vuol dire che l’uso della mascherina è più importante del diritto di voto”. Esordisce così Paolo Becchi (Prof. ordinario di filosofia del Diritto all’Università di Genova) in diretta ai microfoni di Stefano Molinari, denunciando in questo modo l’obbligatorietà incessante dell’uso della mascherina per andare a votare alle urne il 12 giugno per il Referendum abrogativo sulla Giustizia. “La censura è stata forte. Perché? La censura è stata già originaria, hanno depotenziato i referendum che avrebbero richiamato maggiore pubblico (cannabis, fine vita e responsabilità civile dei magistrati). Li hanno resi talmente specialistici che qui ci vuole un professore di procedura penale per capirne alcuni. La gente dice ‘facciano come vogliono'”. Assieme alle restrizioni si unisce il fatto che i vari referendum sono stati trattati in modo differente: alcuni diffusi in maniera trasparente dalle Istituzioni mentre per altri rimane, a livello concettuale, un alone di mistero di difficile comprensione per i non addetti ai lavori.

Secondo quesito

“Abbiamo fatto un piccolo ebook in cui semplicemente mettiamo in evidenza alcune cose sui referendum e sulla loro importanza. Abbiamo riassunto sostanzialmente il significato e l’importanza di questi referendum. Partiamo da quello più tecnico e più difficile se vogliamo: quello sugli abusi della custodia cautelare”. Il secondo quesito referendario tratta infatti le limitazione di quest’ultima da parte del giudice. Continua il filosofo, assieme alle delucidazioni tecniche sulla questione in diretta anche dell’Avv. Fabio Frattini (Membro Giunta Unione Camere Penali): “A farla breve il discorso qual è? Ci sono delle esigenze cautelari (il pericolo di fuga, l’inquinamento delle prove, il pericolo di reiterazione del reato) con queste esigenze cautelari il pubblico ministero ti sbatte in carcere (carcerazione preventiva) o agli arresti domiciliari quando vuole. Questo referendum incide esclusivamente sulla reiterazione del reato. Il problema è questo. Certamente la formulazione del quesito è tecnica, però anche quella più complicata è possibile spiegarla in maniera semplice e il cittadino secondo può farsi un suo giudizio e dire si o no. Le cose si possono spiegare secondo me, si possono capire, quello che è mancato, in Italia è, a mio avviso, una pubblica discussione. Ad esempio, si può vedere come è stata utilizzata finora la custodia cautelare, i problemi che ha generato cioè si poteva affrontare la discussione”.

Terzo quesito

Si analizza anche il contenuto del terzo quesito: la separazione delle funzioni. Così, entrando nel sistema giudiziario, si voterà per il sì o per il no in riferimento ai magistrati e alla loro possibilità di passare da un ruolo all’altro (Pm e viceversa): “Anche il discorso sulla separazione delle funzioni è chiaro che richiede un approfondimento. Come mai si domanda adesso al cittadino l’improvviso bisogno di separare le funzioni? Il cittadino ha bisogno di sapere che cosa è successo. Negli anni ’80 è cambiato il processo di procedura penale, il ruolo del Ministero cambia ma noi non abbiamo cambiato la sua figura”. Infatti, da un modello inquisitorio ricordiamo che si passa all’accusatorio e, poco dopo, a quello contraddittorio.

Un cambiamento di non poco conto perciò quello che avverrà dopo 12 giugno 2022. Cambiamento che (Becchi tiene a ricordare) non potrebbe essere possibile senza un’adeguata trasparenza nelle informazioni diffuse dal mainstream e, come già ricordato, dalle stesse Istituzioni di riferimento. Così, lanciando un appello ai cittadini tutti, afferma: “Non si può dire la stessa cosa né per il referendum sulla cannabis né per quello della responsabilità civile dei magistrati perché un punto che stava particolarmente a cuore, c’era già stata una votazione e i cittadini italiani avevano detto che la volevano la responsabilità e che ci hanno dato? La responsabilità civile indiretta. Se il giudice sbaglia oggi la vittima viene risarcita, ma chi paga? Lo Stato (cioè paghiamo noi) la responsabilità voleva che pagassi tu la tua assicurazione, non è lo stato che paga. Se si riuscisse a raggiungere il quorum ai referendum rappresenterebbero una boccata d’aria, farebbe capire che il popolo è maturo per una trasformazione, è per questo che hanno paura ed è per questo che c’è la censura perché mirano tuto sul fatto che non vadano a votare che non si raggiunga il quorum e a quel punto tutto continua come prima. Non votare sarebbe un’occasione persa da parte popolo, è l’inizio di un cambiamento di rotta che partirebbe direttamente dal popolo, non ce l’hanno fatta in 30 anni in Parlamento, il popolo potrebbe farlo il 12”.