Il problema fondamentale italiano è il problema delle famiglie perché ci sono intere famiglie che sono state spazzate via dal sistema economico, soprattutto durante la pandemia quando tutti coloro che lavoravano in sistemi a rischio hanno visto chiudere la propria attività. Questo è un problema di competitività.

Uno dei più importanti temi da evidenziare, se vogliamo introdurre il tema di equità e giustizia, non più parlare solo di efficienza, è quello dei giovani. Una recente analisi su dati Istat evidenzia come in Italia la situazione sia particolarmente grave nella fascia di età che va dai 25 ai 34 anni.

Nel periodo considerato, dal 2004 al 2020, emerge come il dato comunemente noto sia quello di persone in cerca di occupazione. A tale dato va aggiunto un secondo indicatore, quello delle persone inattive. Le prime sono le persone che tentano di trovare un’occupazione e le secondo quelle che hanno rinunciato e non svolgono più alcuna attività.

È stato inventato anche un acronimo NEET, Neither in Employment or in Education or Training, cioè persone che non sono più occupate e che non studiano e che non fanno nemmeno corsi di formazione professionale. Sono giovani quelli che vanno dai 25 ai 34 anni che ormai non entrano più nel mondo del lavoro e che probabilmente non entreranno a lungo termine o se lo faranno lo faranno a condizioni sfavorevoli.

Noi non possiamo permetterci che i giovani, quelli che domani dovranno sostenere l’economia italiana, non entrino nel mondo economico. Questo è il problema numero uno di cui strategicamente si dovrebbe occupare la nostra classe politica in senso stretto. Per cui io parlo di economia umanistica, la sua rivoluzione è mettere al centro il lavoro e non il capitale.

Malvezzi​ Quotidiani, pillole di economia umanistica con Valerio Malvezzi