“Dal PNRR al World Economic Forum: vi spiego il metodo linguistico per manipolare le masse” ▷ Fusaro

“Coloro che visser sanza ‘nfamia sanza lodo“, così Dante parla degli ignavi nel III Canto dell’Inferno. Non prendere una posizione e accettare senza lamentarsi qualunque cosa è storicamente un vizio, che oggi si è trasformato in virtù. Il filosofo Diego Fusaro spiega questo concetto nel suo libro ‘Odio la resilienza’, una virtù che tutti oggi devono avere, qualsiasi cosa accada. Solitamente la resilienza ci aiuta a ripartire di fronte a forti traumi della vita, ma portato all’estremo diventa un’accettazione completa senza lamentarsi.

Odio l’uso ideologico che si fa del concetto di resilienza, che è stato estrapolato dal suo ambito legittimo, quello psicologico, per diventare un ideologia ‘passepartout’ utilizzato con disinvoltura da politici, economisti, sociologici. Allora abbiamo il PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza), il Dinamismo resiliente del World Economic Forum, tutto deve essere resiliente. Ma cosa vuol dire letteralmente la resilienza? Ne darò una formula icastica e facilmente accessibile. ‘Resilienza’ è un atteggiamento di chi al cospetto di un trauma o di urto, anziché cercare di mutare l’oggetto che ha cagionato quella sofferenza muta se stesso per poter sopportare meglio quel dolore.

In ambito psicologico, questo concetto ha una sua valenza importante rispetto alla sfera che io nel libro chiamo ‘dell’immutabile’. Di fronte a un lutto familiare, a un’amputazione di un arto o alla diagnosi di una malattia incurabile l’idea di resilienza ha un’importanza decisiva. Ma cosa accade quando quel concetto viene traslato all’ambito dell’evitabile, ossia di quelle cose che possono essere mutate? Cosa vuol dire essere resilienti al cospetto di una riforma del lavoro o di un piano nazionale di ripresa e resilienza con precarizzazione del lavoro o cose analoghe?

Proprio in questo risiede l’uso ideologico del concetto. Si pretende di trattare il mondo oggettivo come se fosse inevitabile e, quindi, come da dover essere sopportato. Qui incrociamo quella che nel libro io chiamo ‘l’Ontologia neoliberale’, che Margaret Thatcher compendiava nel sintagma ‘There is no alternative’: il mondo oggettivo è così con i suoi rapporti di forza, dovete accettarlo e quindi sopportarlo come se fosse un lutto o una malattia incurabile“.

Il primo metodo per manipolare le masse è proprio quello linguistico. Governare le menti mediante l’impiego delle parole preordinate, che azzerino il pensiero critico e impongano una traiettoria di pensiero preordinato. Il caso della resilienza è emblematico. La virtù di chi subisce in silenzio e, quindi, particolarmente gradita a chi comanda, da sempre il sogno del potere avere docili servi resilienti. Pensate agli ignavi di Dante che, nel III Canto dell’Inferno della Divina Commedia, sono ‘coloro che visser sanza ‘nfamia sanza lodo’, senza distinguere o prendere una posizione. Quello che storicamente è un vizio, oggi è diventata stranamente una virtù.”

“La scienza, che svolge un lavoro egregio nel suo ambito specifico di ricerca, oggi viene presentata come se fosse l’unico sapere legittimo. Tuttavia, in alcuni ambiti della vita la scienza non ha nulla da dire. L’errore sta nel pensare che la scienza sia l’unico sapere valido e che ogni ambito debba essere ricondotto alla sua sfera. Quando si dice ‘credere nella scienza’ non ci si avvede che si tratta di una formula anti-scientifica, poiché la scienza non procede per credenza, ma per congetture e confutazioni.

Il fatto che l’epoca della resilienza punti tutto sulla scienza non è casuale. La scienza è un sapere accertativo e tra ‘accertare’ e ‘accettare’ c’è una correlazione più robusta di quello che immaginiamo“.