L’Italia abbandona la materia sanitaria e si getta a a capofitto sullo scenario geopolitico nell’est Europa. Come già accaduto due anni fa per il Covid, quando l’inizio di tutto venne sancito dalla proclamazione dello stato di emergenza, la stessa solennità si è registrata venerdì 25 febbraio. In quella data “il Consiglio dei ministri, su proposta del Presidente Mario Draghi ha deliberato la dichiarazione dello stato di emergenza per intervento all’estero in conseguenza degli accadimenti in atto nel territorio dell’Ucraina”: così recita la nota emessa da Palazzo Chigi.

Seguendo il filone della continuità con la pandemia, anche in questo caso nel momento stesso della delibera del Governo si è registrato il via libera a un decreto-legge che con ogni probabilità non sarà neanche l’ultimo sul tema bellico. Il provvedimento tra i molteplici interventi stabilisce di fatto anche un notevole interventismo del Belpaese sul teatro di guerra. Mezzi, materiali ed equipaggiamenti militari saranno ceduti alle autorità di Kiev. La partecipazione italiana sarebbe però più impegnata di quello che prevede la giustizia italiana. Il decreto firmato da Draghi infatti funzionerà “in deroga” alla legge 185 del 1990 che sancisce quanto segue: “L’esportazione, il transito, il trasferimento di materiali di armamento sono vietate verso i Paesi in Stato di conflitto armato, in contrasto con i principi dell’articolo 51 della Carta delle Nazioni Unite”.

Questa e altre magagne del ‘Decreto Guerra’ sono state analizzate in diretta dal professor Enrico Michetti, intervenuto insieme a Alessandro Meluzzi, Giovanni Frajese e Alberto Contri a Un Giorno Speciale. Questa la spiegazione ai microfoni di Fabio Duranti e Francesco Vergovich.

“Quello che emerge è che ormai gli atti non valgono più nulla. Negli atti si può scrivere tutto. Ho letto l’ultimo decreto legge… quando cambia totalmente la liturgia del decreto allora qualcosa significa che è cambiato. Quando ci si dimentica dell’art. 11 della Costituzione e si cita soltanto l’articolo 77, quello che abilita il decreto legge, allora io capisco che probabilmente qualcosa non funziona. Si fa riferimento alla legge 185, quella che disciplina il controllo delle esportazioni, delle importazioni e del transito dei materiali di armamento. E cosa si scrive in un articolato del decreto legge di due righe: ‘In deroga alle disposizioni di cui alla legge 9 luglio 1990 del n.185’. Cioè non si prende in considerazione la legge che disciplina il trasporto di armi, perché in base a quella legge noi non lo potremmo fare”.