Il termine “infodemia” è nato quasi parallelamente alla pandemia e oggi va a consolidarsi in relazione alla guerra in atto tra Russia e Ucraina. Ma cosa significa? Il concetto si rifà al sovraccarico delle informazioni giornaliere e le fonti da cui attendere che spesso sono state (e lo sono tuttora) fonte di sgomento e angoscia per l’opinione pubblica. La tv, i social, i giornali online, lo stesso internet. Sono elementi che a primo impatto sembrano facilitare l’accesso alle informazioni, ma se usati in modo improprio e compulsivo possono diventare istigatori di caos e false convinzioni. Il conforto che deriva dall’apprensione di notizie continue è in realtà un modo di operare inconscio che ci fa avvicinare prima ideologicamente da un lato, poi dall’altro. Gli esempi sono molteplici.

L’episodio del TG1

“Stiamo parlando della RAI, un servizio pubblico che paghiamo forzatamente altrimenti ci staccano l’energia. C’era un’informazione che circolava riguardante un bombardamento avvenuto presso una centrale nucleare. Era una fake news ma la RAI, invece che ignorare la notizia (sapendo fosse fake), ha dato la linea al suo inviato che alla fine l’ha smentita”. Fabio Duranti evidenzia un episodio avvenuto recentemente: il servizio di riferimento è andato in onda al Tg1 dove il conduttore, lanciando il collegamento, ha letteralmente affermato “i bombardamenti russi non si fermano, secondo informazioni di Kiev”; subito dopo lo stesso ha lasciato la parola al suo inviato nella città che, smentendo la notizia, riferisce in diretta “qui è tutto sano, forse ci sono stati…”.
Ma perché quel ‘forse’? “Che senso ha dare una notizia del genere?” – si chiede Duranti – “Con questo sistema noi potremmo dire tutto e poi immediatamente dopo l’esatto contrario. Che senso ha dire una cosa per poi smentirla un minuto dopo? Significa comunque instillare nella testa delle persone che c’è il cattivo e il buono e compagnia cantando. Tutto questo ha una logica, noi non ce ne accorgiamo perché non conosciamo le tecniche di questi ingegneri sociali che studiano il comportamento umano e del nostro cervello da tanti anni. Questo è uno dei metodi per farci credere e poi digerire delle cose che altrimenti, se ragionassimo senza questi impulsi, ne faremo un’elaborazione completamente diversa. Forse, ragioneremmo un po’ meglio”.

La soluzione per evitare di farsi coinvolgere da queste notizie – in questo caso specifico non veritiere – è quella di studiare e scegliere con cura le fonti a cui attenersi quotidianamente. L’informazione è coscienza, consapevolezza: “Noi paghiamo una tv pubblica per farci prima impaurire dal conduttore in studio e poi per farci dire i “forse” da un inviato che sta lì. Io mi pongo delle domande, perché? Io lo so, spero che ora lo sappiate anche voi e che qualche domanda ve la facciate sul perché accade questo. Non sono tutte così ma c’è una buona parte di queste informazioni che comunque ci creano angoscia e ci mettono gli uni contro gli altri, etichettandoci”. La concezione stessa di ‘etichetta’ è ciò contro cui l’informazione libera dovrebbe combattere, per evitare che la coscienza individuale e collettiva venga messa alla mercé di chi ne vuole fare uno strumento politico e geopolitico di espansione.

Il grafico horror sulle armi

A proposito di ‘orrori’ dei ‘professionisti dell’informazione’ su Il Fatto Quotidiano è apparso un sondaggio lanciato dalla società EMG, con diagramma a torta a seguito e dall’intestazione “Armi all’Ucraina dall’Italia. Siete d’accordo?”, nel quale la maggioranza (55% delle persone) ha dichiarato di essere in disaccordo ma dalla grafica del diagramma sembrerebbe il contrario. “Ad occhio il ‘no’ lo vediamo come se fosse una parte minoritaria ma non lo è. Siccome il Governo aveva deciso in un certo modo, probabilmente qualcuno ha pensato di mostrarlo così”.

L’errore del Fatto ‘stanato’ da Crozza: a sinistra il grafico corretto

Ecco l’intervento completo in diretta di Fabio Duranti a Un Giorno Speciale, assieme a Francesco Vergovich.