E’ lontana l’aria del Recovery Fund e dell'”Europa che ci salverà”. Sono ricordi sbiaditi, quelli di un Giuseppe Conte festante e della potenza di fuoco in arrivo da mamma Europa. Che è sempre più matrigna e lo conferma la ‘Relazione annuale sui rapporti finanziari tra l’Italia e l’Ue e l’utilizzo dei fondi europei’ per il 2020, secondo cui il nostro paese ha partecipato al bilancio della Ue con versamenti a titolo di risorse proprie per 18,2 miliardi di euro (+1,4 miliardi sul 2019), uno dei più alti flussi degli ultimi sette anni.
E la ricompensa?
Sul fronte delle assegnazioni, il bilancio Ue attribuisce per il 2020 11,66 miliardi all’Italia, quarto Paese per ammontare di risorse accreditate.

Parole, parole, nient’altro che parole. Parole che dal 1992 sono dogmi indissolubili, ai quali se non credi, sei a tutti gli effetti un eretico dell’economia comunitaria. Ma poi le dimostrazioni, numeri alla mano, fanno emergere sempre il medesimo risultato: un rapporto tra Italia e UE fortemente impari che non legittima affatto le manovre lacrime e sangue e le riforme giustificate come salvifiche in questi anni.
Ed è così anche sul lungo termine: date un’occhiata ai dati mostrati in diretta dal prof. Valerio Malvezzi.

Quanto costa all’Italia rimanere nell’UE?

Il titolo delle slide di oggi è: ‘Quanto ci costa restare in UE’. Nel primo grafico stiamo vedendo la variazione del PIL pro capite reale prima e dopo Maastricht. La barra blu corrisponde all’aumento del PIL pro capite reale nel trentennio dal 1960 agli inizi degli anni ’90, mentre quella rossa corrisponde a ciò che accade nei 30 anni successivi fino al 2020. Chi guarda questa grafica si rende immediatamente conto di quello che è successo. Dal 1960 al 1991 c’è stata una crescita importante del reddito pro capite reale per tutti i paesi. Dal 1991 fino al 2020 la barra rossa è molto più bassa di quella blu. Quindi ogni paese ha avuto un fortissimo rallentamento de PIL pro capite reale. L’Italia è il paese che ci ha perso più di tutti, addirittura più della Grecia. Questo per dire, sostanzialmente, che il periodo precedente era un momento di politiche keynesiane basate sull’espansione della spesa pubblica, sul sostegno pubblico all’economia, di sostegno agli investimenti. In tal senso si dice sempre che abbiamo vissuto al di sopra delle nostre possibilità. Questo è vero, ma in tutti i casi il PIL pro capite reale era aumentato“.

Bel Paese leader nel rendimento dell’avanzo primario

Il secondo grafico rappresenta la media del deficit dal 1995 al 2020. Qui vedete in rosso il saldo primario, mentre in blu il saldo complessivo. Il saldo primario è sostanzialmente la differenza tra entrate e uscite del paese. Il saldo complessivo invece contiene anche altri aggregati di cui è molto importante la voce della spesa per interessi. C’è una barra rossa nel grafico, che è il 3%, inerente a un vincolo che l’UE ha posto ai paesi membri. In pratica si chiedeva alle nazioni di non sforare tale percentuale nel rapporto deficit-PIL. Quello che noi vediamo nel grafico è che nella media tra i paesi, nell’arco dei 25 anni, il migliore dal punto di vista dell’avanzo primario è proprio l’Italia. Il secondo paese virtuoso è la Germania, ma molto meno virtuoso rispetto a noi, mentre tutti gli altri paesi hanno peggiorato lo stato delle finanze pubbliche nelle barre rosse“.

La verità sull’andamento del saldo primario dal 1995 al 2020

Il terzo grafico riguarda l’andamento, dal ’95 fino al 2020, del cosiddetto saldo primario. Questi sono dati del Fondo Monetario Internazionale. I nostri ricercatori hanno realizzato i grafici per dimostrare che cosa? Intanto la barra blu rappresenta il saldo primario dell’Italia, mentre la barra rossa rappresenta il saldo primario della media dei paesi dell’eurozona. Noi possiamo dimostrare che sostanzialmente l’Italia ha sempre, nell’arco di 25 anni, un avanzo maggiore di quello della media di tutta Europa. Qui non si tratta di fare campanilismo. Noi siamo stati più virtuosi della media degli altri paesi del Vecchio Continente“.