In un’epoca in cui le scelte politiche sono sempre più controverse e discusse da una grande fetta di popolazione, perché contrarie – secondo alcuni esperti giuristi – a principi della Costituzione come lo stesso articolo 1, viene naturale interrogarsi sul ruolo della magistratura. L’organismo, detentore del potere giudiziario, quale margine di intervento ha sulla politica? Possono, i magistrati, intervenire per indirizzare le scelte politiche? Se sì, in quali termini e con quali limiti?

Il confine tra il lecito e non lecito, in questo contesto, è molto labile. La magistratura ha l’obbligo di supervisionare la politica e le sue scelte, senza però interferire in modo eccessivo con essa, cercando dunque di non imporre e non influenzare. Allo stesso tempo, però, la magistratura non può restare a guardare, allineandosi a tutto ciò che sono le decisioni politiche: in questo modo, come spiega l’avvocato Mauro Sandri a ‘Un Giorno Speciale’, si arriverebbe alla dittatura.

“C’è divisione tra diritto naturale e diritto positivo. Vi sono regole che vanno oltre il diritto positivo e i giudici devono vigilare che non si travalichi quello che è il principio di diritto naturale. Non ci potrà mai essere una legge positiva che potrà imporre ad esempio l’omicidio o che si possa rubare impunemente. Il controllo della magistratura è essenziale sugli atti della politica ma non deve condizionarla. Deve far sì che rimanga nell’alveo del diritto Costituzionale. Oggi siamo in un contesto allarmante. Negli anni ’80 la magistratura ha straboccato influenzando il potere politico ma oggi c’è un allineamento eccessivo. Come si regge un sistema democratico-fluido? Con la tripartizione dei poteri. Ogni potere ha la sua funzione. Se la magistratura si allinea pedissequamente alla politica, si arriva alla dittatura.

Sicuramente la magistratura non deve determinare la politica ma laddove la politica determina la magistratura si arriva ad un sistema dittatoriale nel quale la politica impone il proprio potere oltre il diritto positivo fino ad arrivare al diritto naturale. Ricordo le leggi razziali come elemento paradigmatico. Ricordo l’idea che ci fossero classi sociali intere da demonizzare e portare nei Gulag. Quando si arriva alla magistratura che non controlla il potere politico nelle sue scelte a livello di diritto naturale, inevitabilmente si arriva alla dittatura. Una magistratura allineata alla politica è del tutto inutile.

Nel Consiglio Superiore della Magistratura per i 2/3 ci sono nomine di ordine politico, ma questo vale anche per il Consiglio di Stato che decide tutta questa materia e che vede ai suoi vertici Franco Frattini, ex ministro degli esteri con Forza Italia. Ci sono degli intrecci che fanno vivere una congiuntura. Ora abbiamo la prima generazione conformista al potere da quando noi siamo nati. Non abbiamo mai visto questo conformismo.
La magistratura opera nell’ambito del rigoroso rispetto della Costituzione e del diritto europeo, che presidia i diritti e del diritto naturale, che va oltre la norma positiva. Il diritto positivo è quello che inventano gli uomini ma noi dobbiamo anche preservare la nostra identità umana. Quando si va oltre, i magistrati devono intervenire. Ogni sentenza è una sentenza che ha anche una connotazione di politica e filosofia giuridica. Si deve esaminare la valenza di questo tipo di scelte”.