Giuseppe De Donno non c’è più. L’ex primario di pneumologia dell’ospedale Carlo Poma di Mantova era stato in prima fila per la lotta contro il Covid-19. Il professore aveva intuito per primo le potenzialità della cura del plasma autoimmune. La sua ricerca aveva permesso di curare pazienti affetti dal Coronavirus attraverso la trasfusione di sangue proveniente dai guariti dell’infezione. La sua morte apre interrogativi sul sistema sanitario italiano e sulla reticenza del mondo medico riguardo i risultati delle sue ricerche.

Fabio Duranti ricorda ad “Un giorno speciale” la ricerca medica e l’impegno civile del dottore Giuseppe De Donno, uomo coraggiosamente controcorrente il cui scopo era esclusivamente la cura del paziente senza compromessi né sponsor.

“Il professor De Donno è stato tra i primi al mondo a capire che il plasma iperimmune sarebbe stata la chiave per guarire le persone all’ultimo stadio della malattia. De Donno sarebbe diventato uno degli eroi del Covid se le cose fossero andate come la natura voleva che andassero. Era L’anello che congiungeva la catena virtuosa della cura del Covid. Il professor De Donno ha guarito 58 pazienti su 58. E’ stato massacrato e la medicina ufficiale non gli ha mai riconosciuto questa cosa. La scienza è confronto continuo, oggi ci dicono che la scienza ti dice e tu devi fare. De Donno è stato vittima di questa mentalità antiscientifica che però si proclama scientifica. De Donno era l’anello di congiunzione pericolosissimo.

De Donno chiedeva un riconoscimento, un aiuto a fare meglio, non voleva gli applausi e voleva solo lavorare per curare i pazienti, non aveva sponsor, non era pagato dai Big Pharma. Capisco il dramma di De Donno, non ha saputo superare questa distopia, in un mondo normale le persone come lui vengono aiutate. De Donno è la prima vittima tra i medici, tra le persone che avrebbero potuto fare qualcosa e al quale non è stata data la possibilità di farlo. Dobbiamo capire cosa è successo. E’ successo che è stata allontanata la persona che aveva chiuso la catena, quindi era pericoloso. Buon viaggio Giuseppe!