È tornato a sermoneggiare, immarcescibile, il bardo cosmopolita Roberto Saviano. Ce lo immaginiamo che, come Apollo dall’Olimpo, scende ratto dal suo sontuoso attico di Nuova York, dopo aver deposto le titillevoli aragoste rosse e il Domperignone ghiacciato. Cinto da noia patrizia e sorvegliato dai sempre guardinghi nerboruti della sua scorta, il bardo cosmopolita prende solenne la parola e, novello Zarathustra partenopeo, arringa la sua platea composta di protervi ottimati delle sinistre ztl: “bisogna accogliere un milione di immigrati per ripopolare il sud“, queste le sue ponderate parole, così come vengono riportate da “NapoliToday” in data 4 maggio 2021.
Queste, con maggiore precisione, le parole riferite in virgolettato dal quotidiano digitale “NapoliToday”: “in Italia sarebbe urgente accoglierne ‘un milione’ e renderli cittadini italiani e installarli nel Sud per far rivivere questa regione che si svuota“.

Come sempre, al bardo cosmopolita non punge vaghezza di proporre, anche solo come ipotesi, politiche di sostegno a favore della maternità e della famiglia; politiche, in altri termini, che favoriscano la natalità così in calo in Italia. Niente affatto. Il tableau de bord del padronato cosmopolitico è, ancora una volta, seguito alla lettera dal bardo cosmopolita, che ha la sua usuale soluzione, degna di cotanto genio: un problema in Italia è il calo demografico? Semplicissimo risolverlo, basta importare migliaia, anzi “un milione” dice il bardo, di immigrati, e il giuoco è fatto.

L’ho detto e lo ridico, senza perifrasi: celebrato a reti unificate come nuovo cantore del progressismo arcobalenico, il bardo cosmopolita Saviano è l’intellettuale che meglio rappresenta la prospettiva di quel blocco oligarchico dominante che necessita di forza lavoro a basso costo e che, per ciò stesso, favorisce i processi di immigrazione di massa, chiamando integrazione lo sfruttamento e accoglienza la lotta di classe gestita univocamente dal padronato cosmopolitico no border contro le classi lavoratrici autoctone e migranti. Gli stessi migranti, nell’arcobalenico lessico degli intellettuali di riferimento dei gruppi egemonici, non figurano quasi mai come esseri umani portatori di dignità e quasi sempre figurano come “risorse” o come “strumenti” per ripopolare l’Italia, talvolta addirittura come preziose braccia per raccogliere pomodori. I principali desideri della classe dominante trovano puntuale riferimento nelle posizioni intellettuali del barbogio bardo cosmopolita dal sontuoso attico di Nuova York.

RadioAttività, lampi del pensiero quotidiano – Con Diego Fusaro