La legge è uguale per tutti“, ma alcuni, nell’epoca del coronavirus, sembrano essere “più uguali” di altri.
E se taluni liquidano la questione del perché debbano restare chiusi ristoranti e bar, relegati ad “attività non essenziali”, con la tesi che lo si faccia per evitare la movida (e dunque i contagi), sorge comunque il dubbio del perché la movida mattutina delle metropolitane, quella sì, per il Governo sia lecita.
Eppure il conto lo pagano solo loro: autonomi, partite Iva, ambulanti, ristoratori e baristi che di tempo per prendersi sulle spalle i decreti anti-Covid, non ne hanno più.

C’è il virus, ma sopravanza la fame: chi potrà mai stabilire che la seconda sia un male meno grave?
E’ ciò che si chiedono i titolari del ristorante Margot, in zona Prati a Roma, chiarissimi nel loro intento di protestare pacificamente contro il silenzio che il Governo gli sta riservando.
L’interrogativo è sempre il medesimo, ma lecito e inoppugnabile: se gli autobus si possono intasare, se gli autogrill si possono frequentare con o senza pandemia, perché – con tutti i crismi di sicurezza – un ristoratore non può lavorare?
Sentite la loro testimonianza a ‘Lavori in Corso’.

La nostra è una protesta pacifica, un modo di dissentire nella maniera più logica possibile rispetto allo stato delle cose di oggi.
E’ una protesta in quanto comunque dobbiamo rendere conto ai nostri clienti che c’è un decreto legge da gestire e comunque ci saranno delle multe, quindi giustamente dobbiamo renderne conto ai nostri clienti. Non vogliamo che incappino in multe. Cerchiamo di stare nella legge.
La nostra è comunque una protesta, perché vedere l’autogrill aperto con 1000 persone dentro o andare a fare la spesa e trovarne 2000 in fila alla cassa, o andare da Ikea o da qualsiasi parte, oggi si può, a differenza dell’anno scorso.

Il nostro è un appello accorato di chi sta qui 20 ore al giorno, coi nostri ragazzi che lavorano per noi ma che non prendono la cassa integrazione da settembre. Però in giro purtroppo vediamo metro e autobus che oggi sono strapieni.
Quindi diciamo: fateci aprire. Noi abbiamo già i distanziamenti con i plexiglas. Abbiamo un ristorantino di 45 posti, ma anche se dicessero che invece per loro sono 20, ci facciano i controlli e magari alla ventunesima persona ci fate chiudere per sempre. Abbiamo anche posto fuori. Però dateci la possibilità di portare a casa i soldi per vivere, perché dopo un anno non possiamo più vivere così: un po’ per rispetto dei dipendenti che abbiamo e anche per rispetto dei grandi sacrifici che abbiamo fatto per aprire.
Protestiamo anche solo per dire al nostro Governo di venirci un po’ incontro, perché anche le 20 persone o le 10 persone a noi comunque permettono di sopravvivere.

Io questa domanda voglio fare al Governo: abbiamo anticipato di tasca nostra i soldi ai nostri ragazzi, che non vedono cassa integrazione da settembre. Come fanno a dormire sapendo che loro prendono il loro stipendio e c’è gente che non prende stipendio da settembre?
Io muoio se penso che i miei ragazzi non hanno soldi nel portafoglio e che non possono mangiare.
Fateci lavorare in sicurezza!
Chi non ci capisce? E’ anche giusto, non vivono la nostra realtà. Non sanno che dietro i ristoratori ci sono anche filiere con milioni di persone che devono vivere
“.