Oggi alla Camera il Premier Draghi ha presentato il tanto atteso PNRR, Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, che dovrà essere consegnato a Bruxelles entro il 30 aprile. In questo piano, ha dichiarato in Parlamento, “non c’è solo un insieme di progetti, di numeri, scadenze, obiettivi. C’è anche e soprattutto il destino del Paese”.

Digitalizzazione, green e coesione sociale, queste le tre macro aree che riguardano il piano: investimenti per un totale di circa 222 miliardi (191,5 miliardi finanziati attraverso il Dispositivo per la Ripresa e la Resilienza, più 30,6 miliardi finanziati attraverso lo scostamento di bilancio). Soldi che di fatto, ci spiega il Prof. Paganini in diretta, sono “un regalo in forma di debito che è una cambiale per le generazioni future”.

Dopo la presentazione alla Camera, il Presidente del Consiglio domani sarà al Senato. Per capire qualcosa di più su questo documento, Stefano Molinari e Luigia Luciani si sono rivolti al Professore Aggiunto in Business Administration presso la John Cabot University di Roma Pietro Paganini. Ecco il suo intervento a “Lavori in corso”.

“L’intervento di Draghi è stato molto nel suo stile: semplice, asciutto, che ha messo in evidenza cose che di fatto sappiamo. Ha calcato la mano su un grosso limite italiano, quello della produttività, il fatto che per ora produce poco. E poi ha spiegato le ragioni degli investimenti, soprattutto quelli della transazione ecologica e digitale.

Io mi aspettavo che da questo Recovery emergesse di più. E poi Draghi resterà uno, massimo due anni. Cosa succederà quando non ci sarà più? Questo è un progetto di 6-7 anni e le ricadute le rivedremo anche tra 10 anni. Chi verrà dopo sarà in grado di gestire le risorse per come lui le ha pianificate con l’Unione Europea?

Qui la cosa più importante saranno i progetti, come verranno elaborati, misurati e soprattutto chi li porterà avanti. Non possiamo pensare che questi soldi alla fine risolveranno tutti i problemi del paese. È un paese che stava già male prima e ci è arrivato un regalo in forma di debito che è una cambiale per le generazioni future. Quindi conviene farli fruttare bene, ma non è detto che risolveremo i problemi del paese”.