Nel pomeriggio di ieri un vero e proprio terremoto si è abbattuto nella politica italiana. Epicentro? Largo del Nazareno, lì dove si trova la sede nazionale del Partito Democratico che non ha più un segretario. Nicola Zingaretti, infatti, ha annunciato con un lungo post su Facebook le sue dimissioni che tanto sapeva di sfogo verso chi parla “solo di poltrone e primarie, quando in Italia sta esplodendo la terza ondata del Covid”.

Un comportamento definito “vergognoso” da Zingaretti, che oggi ha inviato la lettera di dimissioni alla presidente del partito Valentina Cuppi. Il prossimo weekend, il 13 e 14 marzo, ci sarà l’Assemblea nazionale che per Statuto non può rigettare le dimissioni. Il resto è un rebus appena cominciato.

A commentare lo scossone in casa dem, tra le tante voci di queste ore, è intervenuto ai microfoni di Francesco Vergovich il segretario regionale del PD Lazio Bruno Astorre. Queste le sue parole a “Un giorno speciale”.

“Io non ci penso minimamente a dare le dimissioni. Però io non sono oggetti di attacchi quotidiani e delegittimanti come è stato per Nicola in queste settimane. O ritroviamo lo spirito vero, unitario, comparto, oppure diventa complicato anche per noi andare avanti. Il tema è che dopo che è stato fatto il Governo Draghi sono partiti tutta una serie di attacchi. In primis il sindaco di Firenze Nardella, poi il sindaco di Bergamo Gori, poi altri esponenti come il capogruppo Marcucci che naturalmente hanno messo in forte fibrillazione il partito che ha avuto un Congresso due anni fa e lo dovrebbe fare tra due anni.

Però questo è un male antico di questa sinistra e di questo Partito Democratico. Non si può delegittimare sempre e comunque la leadership: quella di Renzi perché era troppo arrogante, questa di Zingaretti perché era troppo accomodante, quella di Bersani perché era troppo di sinistra, quella di Veltroni perché era troppo di destra. Se ogni giorno facciamo questa roba è chiaro che diventa complicato fare politica.

Se la poltrona è uno strumento per fare il proprio dovere è chiaro che anche questo è assolutamente importante. Se l’idea è solo di una lotta allora diventa un obiettivo patologico e quindi ha fatto bene Nicola a metterlo nero su bianco. Poi io non avrei utilizzato quella terminologia, che però dopo la formazione del Governo Draghi si fosse aperta una caccia al segretario nazionale è indubbio.

Oggettivamente ha utilizzato parole molto pesanti che ci potrebbero anche restare marchiate addosso. Io non le avrei utilizzate perché non è vero poi, almeno per quanto mi riguarda”.