Il grande reset, o grande cambiamento che dir si voglia, coincide con la controffensiva che l’élite dominante turbocapitalistica ha da subito messo a punto, con il suo forum di Davos, con specifici obiettivi di classe.

In estrema sintesi, suddetti obiettivi si lasciano ridurre principalmente a due: 1) gestire al meglio l’emergenza epidemiologica, cioè volgerla a proprio favore, trasformandola in una grande occasione di ristrutturazione di classe dell’intero modo della produzione. Così si inquadrano le task forces, lo smart working, le lezioni in didattica a distanza, la riorganizzazione autoritaria del modo di governo delle cose e delle persone, e molte altre determinazioni ancora. Si tratta in termini gramsciani di una rivoluzione passiva in piena regola, vale a dire di una rivoluzione gestita dal blocco dominante a vantaggio esclusivo del blocco dominante. 2) Impedire in ogni modo che l’emergenza potesse essere utilizzata dal blocco dominato per modificare o magari anche rovesciare l’ordine della produzione, anche solo riproponendo la centralità dello Stato sovrano e della politica al di sopra dell’economia, invertendo la tendenza esiziale delle scellerate politiche liberiste che, coi loro tagli lineari, hanno determinato la tragedia della sanità pubblica che ha determinato la mortalità del coronavirus nelle forme che ben conosciamo.

Insomma, i padroni del mondo radunati a Davos insieme con i loro chierici di accompagnamento, tra giornalisti e intellettuali al guinzaglio, hanno messo a punto una narrazione tesa a presentare l’emergenza come un fatto naturale, del tutto avulso dalle abominevoli politiche liberiste summenzionate; hanno altresì presentato, con alto tasso ideologico, sotto il nome seducente quanto orwelliano di “grande trasformazione”, una gestione di classe dell’epidemia che accelerasse e rinvigorisse tutte le principali tendenze della globalizzazione capitalistica e del suo orientamento palesemente non democratico.

Tra queste tendenze, ve ne è una su cui più volte ho portato l’attenzione e che mi pare della massima importanza. La chiamerò, per semplicità ermeneutica, la tendenza allo sterminio programmato dei ceti medi e delle classi lavoratrici, fatti insieme precipitare nel girone infernale della nuova plebe priva di diritti, di sostanze e finanche di dignità: una nuova massa di schiavi illimitatamente disponibili per il potere tecnocapitalistico e per le sue turpi pratiche di lockdown a rocchetto, di controllo biopolitico totale e di digitalizzazione integrale e disumanizzante delle relazioni. Non si tratta soltanto, come è ovvio, di distruggere il tessuto della società a colpi di lockdown assassini e di quarantene a yoyo.

Accanto a questa dinamica, di per sé evidente, ve ne è un’altra ad essa connessa, che qualifico nei termini di un grande esproprio: per mezzo dei lockdown assassini di cui dicevo, i negozi di prossimità, le aziende locali, l’artigianato territoriale sono volutamente e in modo tutto fuorché casuale condannati a morte proprio dagli stessi che, nel culmine dell’ipocrisia, dicono di agire per salvare le vite. Passeranno poi, o già stanno passando, i colossi dell’ecommerce, della finanza e del capitale multinazionale, in guisa di avvoltoi cinici, a spolpare le carcasse dei ceti medi nazionali condannati a morte dall’aristocrazia finanziaria transnazionale e dai suoi maggiordomi politici locali. Maggiordomi che nel caso italiano coincidevano prima con i guitti in livrea giallofucsia, ora direttamente sotto il controllo degli uomini scelti dall’alto da Bruxelles (peraltro con la disarticolazione completa di ogni opposizione in Parlamento).

Le stesse masse nazionali-popolari, condannate al confinamento domiciliare coatto permanente, vengono costrette da ormai un anno al consumo on-line di merci, all’acquisto di cibo con delivery e all’utilizzo di piattaforme digitali il cui uso contribuisce a far lievitare il profitto del padronato cosmopolitico. Si tratta, con tutta evidenza, di un criminale progetto di classe dei gruppi dominanti nascosto e glorificato dall’ideologia medico-scientifica; quella che, per inciso, la chiamo covid-ideologia e presenta tutte le misure messe in opera dalle classi dominanti come se fossero semplicemente salvifiche prescrizioni mediche. Curiosamente mai i medici interpellati tra la cricca dei dottori televisivi superstar segnalano l’esigenza di un potenziamento della sanità pubblica, ciò che appunto entrerebbe in conflitto con gli interessi dei gruppi dominanti liberisti. Questi ultimi, come noto, vogliono solo lockdown e coprifuoco, vale a dire misure funzionali al loro spietato e feroce progetto di classe.

RadioAttività, lampi del pensiero con Diego Fusaro