Sanremo e il resto scompare”: potremmo sintetizzare così questi giorni di Festival, riprendendo il titolo di una canzone presentata durante la scorsa edizione. La kermesse per eccellenza del nostro Paese che va avanti nonostante tutto: virus, varianti chiusure, zone a colori.

Sanremo non si è fermato, neanche di fronte alla presenza di un’emergenza sanitaria, con la quale gli italiani convivono da circa un anno. Più o meno lo stesso arco temporale che sta vedendo chiusi i luoghi della cultura del Paese (teatri, cinema, musei). Ma a differenza di questi ultimi, il palcoscenico dell’Ariston ha aperto le porte al Festival della Canzone Italiana.

Un Festival che dunque quest’anno fa discutere più del solito. “Sono proprio le basi dell’uguaglianza, della democrazia, dell’assenza di razzismo” quelle che stanno venendo a mancare secondo Fabio Duranti, che in diretta con Francesco Vergovich ha commentato questo dislivello tra Sanremo e il cosiddetto Paese reale.

Ecco l’intervento di Fabio Duranti.

“Quelli che guardano Sanremo non considerano che ci sono milioni di persone che non stanno lavorando. E lì ci sono quattro gatti, perché la sala è pure vuota, che invece lavorano, guadagnano, fanno un sacco di soldi, prendono cachet milionari. Se viviamo in un’emergenza dove siamo tutti sotto un treno, prima di riconcederci a certe cose (che poi è un’ipocrisia, senza pubblico, voglio dire fa ridere) io credo che forse sarebbe stato più opportuno risolvere un problema. Piuttosto che fare l’ipocrisia del tutti sul palco e dire ‘noi non abbiamo le mascherine perché facciamo i tamponi ogni 5 minuti’. Benissimo, concedete anche al resto del popolo la possibilità di fare questo. Lasciateci liberi di andare, fare, dire, baciare, senza che solo chi si può permettere di farsi un tampone al giorno ha il passaporto. Allora lì tu capisci che è tutta una grande ipocrisia. E quindi ci sono delle fasce di popolazione, di gruppi di lavoratori che se lo possono permettere.

Ma allora permettete pure a me di fare così. Io lo faccio, mi tampono. Ditemi quello che devo fare. Tu vai là, fai il cretino e dici: ‘io voglio fare quello che fa lui. Lui lo fa e si può permettere di farlo? Allora la stessa cosa che fanno loro la voglio fare io’. Perché lui no e io sì? Sono proprio le basi dell’uguaglianza, della democrazia, dell’assenza di razzismo. Il razzismo non è solo quello del colore della pelle o della religione è anche quello della classe. Questo è classismo, è razzismo”.