Sono trascorsi pochi giorni dall’arrivo di Enrico Letta alla guida del Partito Democratico, ossia del punto terminale della metamorfosi kafkiana del glorioso Partito Comunista, divenuto ormai punto di riferimento delle classi dominanti e della loro lotta organizzata contro le classi lavoratrici e il mondo del lavoro. Ebbene, in questi pochi giorni di attività Enrico Letta ha già tracciato una chiarissima traiettoria di quella che sarà la sua linea politica, peraltro perfettamente in continuità, in forma iperbolica, con le tendenze già da tempo in atto nello stesso Partito Democratico, indefesso difensore degli interessi del blocco oligarchico neoliberale senza frontiere.

Tre sono i punti sui quali Enrico Letta ha da subito insistito, assumendoli a riferimento della propria linea politica. In primo luogo, l’immancabile ius soli: il cui obiettivo, come non mi stancherò di ripetere, è la distruzione del concetto stesso di cittadinanza mediante la sua dilatazione integrale; se tutti vengono indistintamente cittadini, nessuno lo è più realmente. Come già rilevava Leopardi nello “Zibaldone”, quando tutti divennero cittadini Romani, fu allora che Roma non ebbe più cittadini. Come al solito, secondo una logica saldamente capitalistica, l’obiettivo non è quello di far diventare i migranti come i cittadini: è, invece, di far diventare i cittadini come i migranti, cioè privi di diritti e condannati a una condizione di miseria lavorativa ed esistenziale.

In secondo luogo, Enrico Letta ha richiamato l’attenzione sull’esigenza di far votare i sedicenni. Questa proposta delirante è volta, di fatto, a dare fintamente peso politico a categorie di persone che ancora devono formarsi in senso pieno, per la giovane età, e che dunque sono più facilmente manipolabili dalle strategie del potere mediatico e televisivo. In terzo luogo, apprendiamo in queste ore che Enrico Letta ha proposto l’Erasmus obbligatorio per tutti. L’erasmus, come sostenevo nel mio libro “Storia e coscienza del precariato”, è una sorta di leva militare cosmopolitica: in luogo della vecchia leva militare propria dell’epoca dei nazionalismi, il tempo della globalizzazione propone ora la naja dell’Erasmus, il cui obiettivo è quello di educare le nuove generazioni all’espatrio permanente, allo sradicamento, alla deterritorializzazione e alla mobilità incessante. Una vera e propria rieducazione globalista delle nuove generazioni, tesa a far sì che esse amino il proprio sradicamento e la propria impossibilità di vivere in forme stabili.

Del resto, le tendenze politiche di Enrico Letta erano ampiamente note fin dal suo testo del 1997, significativamente intitolato “Euro sì. Morire per Maastricht”. Secondo la linea più tipica del pensiero unico degli euroinomani di Bruxelles, per il sacro obiettivo della salvezza dell’Euro si può anche morire: o, meglio, si possono lasciar morire le classi lavoratrici e i popoli sofferenti. Letta arriva proprio ora, nell’era Draghi, quasi come a segnalare che è giunto il momento di portare a compimento il progetto del morire per Maastricht, coerente in senso pieno con il programma del panfilo Britannia del 1992.

RadioAttività, lampi del pensiero con Diego Fusaro