L’emergenza sanitaria era da tutti inaspettata? Già con l’insorgere del covid a drammatizzare le nostre esistenze qualcuno ha notato che un’epidemia di queste proporzioni era stata prevista in passato da illustri “scienziati” o noti “filantropi”. Addirittura il filosofo Diego Fusaro, ospite in diretta di Fabio Duranti e Francesco Vergovich, fa risalire al 2005 i primi richiami a ciò che stiamo vivendo oggi quando “negli Stati Uniti d’America si parlava di emergenza bioterroristica e della possibilità di reagire con distanziamento sociale e lockdown”.

Voci che evidentemente non sono arrivate in Italia e in buona parte d’Europa, visto che gli anni che hanno immediatamente preceduto il tragico 2020 sono stati caratterizzati da tagli al sistema sanitario nazionale. “Il paradosso – ha proseguito Fusaro ai nostri microfoni – è che gli stessi che ora ci dicono che la vita è il bene più prezioso sono quelli che per 15 anni hanno fatto tagli selvaggi sulla sanità pubblica”. Insomma, da una parte dell’Oceano si pronosticava un’emergenza di carattere virale, dall’altra si provvedeva a diminuire le spese sul sistema che avrebbe dovuto proteggerci.

Ecco l’intervento di Diego Fusaro a “Un giorno speciale”.

“La mia tesi è che il virus e la pandemia scompariranno quando le persone automaticamente manterranno il distanziamento sociale e calzeranno le mascherine, quando non ci saranno più spazi di socialità e di assembramento perché avremo introiettato il nuovo ordine terapeutico. Questo è lo scenario che prevedo: una ristrutturazione dei rapporti sociali, del modo di produrre e di relazionarsi. Una vera e propria rivoluzione che ha le sue radici nemmeno troppo vicine. E’ dal 2005 che negli Stati Uniti d’America si parla di emergenza bioterroristica e della possibilità di reagire con forme di biosicurezza basate su quello che già nel 2005 negli Usa chiamavano distanziamento sociale e lockdown.

C’è da chiedersi perché proprio l’occidente iperliberista è quello più in balia di questa epidemia. Ci sarà anche un motivo, credo. Perché in altri Paesi che hanno altre forme sociali non è così? Io la definirei un’epidemia liberista sotto tutti i fronti. E’ un’epidemia liberista perché è un virus che è coerente con la gestione che ne viene fatta. Il paradosso è che gli stessi che ora ci dicono che la vita è il bene più prezioso sono quelli che per 15 anni hanno fatto tagli selvaggi sulla sanità pubblica. Se è balorda l’idea di chi nega l’esistenza del virus, lo è altrettanto l’idea di chi per combattere il virus dice che bisogna rinunciare a quote di libertà e diritti. Non è ammissibile. Si combatte il virus rafforzando la sanità pubblica”.