Avete mai vissuto un dèjá-vu? Avete mai avuto la sensazione di rivivere un’esperienza già vissuta? Avere mai fatto un sogno premonitore?

È questo il tema su cui ci siamo interrogati questa settimana sulla pagina Facebook di Io le donne non le capisco, ed è ciò di cui abbiamo discusso insieme a Loredana Petrone, Maurizio Lupardini e Susanna Gallesi. 

Loredana Petrone, psicoterapeuta, ci spiega che “la percezione di rivivere situazioni la leghiamo al deja-vu, cioè a una situazione già vista. Da un punto di vista scientifico il deja-vu viene spiegato anche se ci sono teorie diverse, la ricerca sull’argomento è ancora aperta. Dal punto di vista scientifico sembra che noi abbiamo un deja-vu quando si verifica una sovrapposizione tra la memoria a breve termine e quella a lungo termine. Questa sovrapposizione crea poi un circuito come se determinasse una brevissima epilessia celebrale. Questo black-out determina un riprocessamento delle informazioni, motivazione per la quale si ha la percezione di aver vissuto già quella situazione”. 

Maurizio Lupardini, neuropsichiatra, sostiene che “c’è un limite oltre il quale la scienza non può andare ed è qui che arriva l’interessante. Quando uno non conosce una cosa non è detto che la cosa non ci sia. È importante studiarla, approfondirla e definirla. Questi fenomeni di dèjá-vu li possiamo spiegare dal punto di vista scientifico ma anche qui la spiegazione scientifica lascia un margine di interpretazione. In alcune situazioni però capitano situazioni che la persona che ha un deja-vu non poteva conoscere. Una cosa importante delle persone che hanno questa sensibilità è saperle orientare bene. Molte persone si spaventano delle loro caratteristiche. La cosa importante è non farle spaventare di avere questo tipo di caratteristica. 

Susi Gallesi è una delle 7 medium in Italia che ha superato i criteri di accuratezza previsti dal protocollo del gruppo di ricerca italiano sulla medianità riconosciuto dalla Facoltà di Psicologia dell’università di Padova. 

“Ho perso mio papà in un incidente stradale e da allora ho vissuto con lui, non ho mai sentito la mancanza fisica. Il primo incontro che ricordo è avvenuto quando avevo 3 anni. Andavo in questa cascina e sapevo che lo avrei incontrato. Era un contatto fisico che poi ho perso negli anni. L’ho visto fisicamente fino ai 14 anni, poi ho cominciato a vedere il modo in cui loro sono cioè energia. Successivamente ho cominciato a vedere altre entità e mi spaventavo. Poi mi hanno tolto la paura, perché vicino a Dio non può esserci cattiveria. Io sono sempre collegata, se una persona ha bisogno” racconta Susi. “Faccio fatica a vivere su questa terra perché sono molto legata all’aldilà. Tutti li possono sentire, è l’anima che si collega dall’altra parte, se riuscissimo a mantenerci in equilibrio tutti li vedrebbero. Si manifestano per tutti, chi è più aperto li percepisce. Io non ho mai creduto molto alla parola umana, non ho mai preteso di avere delle risposte ma poi mi sono sempre arrivate. Noi nasciamo con il nostro Angelo accanto, dobbiamo affidarci e chiedere, dobbiamo fare loro delle richieste” Susanna Gallesi. 

“L’Angelo è un energia forte, non ha né forma né fisico. Il nome del mio Angelo mi è arrivato tramite pc, mi è apparsa una foto di un Angelo donna con tanti gatti. A volte spaventa perché arrivano nella notte, per lo meno a me, a me è capitato di sentirmi schiacciata, le prime volte mi spaventavo e poi ho capito che era il suo abbraccio. Per me sono avvisi. Per comunicare con il proprio Angelo si può cominciare con le piccole cose. “Grazie” è la preghiera più forte che si può fare. È molto importante parlargli ad alta voce” conclude Susanna. 

Sonia D’Agostino