Luca Palamara, ex membro del CSM ed ex presidente dell’ANM, passa all’accusa. Negli ultimi anni la cronaca lo ha descritto come una figura oscura della magistratura italiana, ora lui è determinato a far emergere le oscurità di quello stesso sistema.

Il Sistema. Potere, politica, affari: storia segreta della magistratura italiana” è il titolo del suo nuovo libro, scritto con Alessandro Sallusti, che vuole rendere pubblici gli intrecci tra politici e magistrati e rivelare i poteri occulti che dominano l’Italia.

Luca Palamara è intervenuto ai nostri microfoni nel corso di “Un Giorno Speciale” per raccontare la sua verità e spiegare i contenuti della sua opera. Ecco cosa ha detto in compagnia di Francesco Vergovich.

“La giustizia deve essere autonoma e indipendente. Purtroppo queste vicende costituiscono delle ferite che vanno curate e rimarginate proprio per ridare fiducia ai cittadini ed è il senso di questa intervista poi trasfusa nel libro con il direttore Sallusti dove ho sentito il dovere di raccontare come sono andate realmente le cose. Non contro la magistratura ma a favore di essa.

Il libro parte proprio dalla premessa che la giustizia deve essere autonoma e indipendente da altri poteri. Sul versante delle nomine direttive del Consiglio Superiore della Magistratura si è creata una sorta di degenerazione del fenomeno delle correnti. Perché proprio l’appartenenza alle correnti è diventato uno dei criteri che ha, in alcuni casi, superato il merito e creato una sorta di contrapposizione tra più persone – anche in relazione con la politica – tanto da creare un sistema. La rappresentazione iniziale della mia vicenda che è stata fornita individuando nella mia persona colui che si guardava allo specchio e si relazionava da solo è smentita documentalmente ed è il racconto che si sviluppa nel libro.

Qui non parliamo di come si svolge il singolo processo ma parliamo del meccanismo di gestione interno alla magistratura, di come avvengono le nomine dentro il CSM.

Quando si entra in un tribunale non ci si deve sentire smarriti, invece spesso prende un senso di angoscia, di smarrimento perché non si capiscono i tempi e i modi della giustizia. E in questo le problematiche del nostro paese si sono acuite in occasione delle indagini che hanno riguardato il mondo della politica. La magistratura ha il dovere di indagare nei confronti di tutti. Nel nostro ordinamento, a mio avviso, si è creato una sorta di piccolo corto circuito eliminando l’autorizzazione a procedere nel 1993. È ovvio che eliminando questo filtro si rischia una sorta di sconfinamento perché ogni indagine finisce per essere strumentalizzata dall’altra parte politica, e questo finisce per alterare gli equilibri del corretto funzionamento tra magistratura e politica con la conclusione che se il politico è indagato dalla magistratura e deve fare una riforma della giustizia non la farà mai…

Le intercettazioni sono uno strumento indispensabile per scoprire i reati. Il Trojan, quello di cui sono rimasto vittima pure io, costituisce sicuramente un salto di qualità nella lotta alla mafia, al terrorismo e anche alla corruzione. Però ha una problematica ossia contiene una mole di informazioni che spesso non hanno nulla a che fare con la vicenda processuale. Il rischio è che ci sia uno spasmodico interesse, anche da parte della stampa, tanto da far diventare l’elemento centrale conversazioni inutili per il processo ma utilissimi per altri fini. Su questo è mancata sempre una regolamentazione proprio perché è difficile trovare un confine tra ciò che interessa alla magistratura e ciò che interessa alla stampa ma che rischia di avere poco o nulla a che fare con le vicende penali”.