Il secondo trionfo. La Roma sul tetto d’Italia dopo ben 40 anni. Un’eternità accorciata da una squadra magnifica. Nils Liedholm, per tutti ‘Il barone’, è stato l’artefice alla regia di quel capolavoro. La stagione 1982-1983, con una Serie A strabiliante per qualità, verrà ricordata in eterno dalla calda e passionale tifoseria giallorossa. La Roma di Falcao, Di Bartolomei, Nela, Tancredi, Conti ma anche la Roma di Chierico, Iorio ed altri. La Roma del bomber Roberto Pruzzo. “Liedholm ha cercato i suoi giocatori tassello per tassello”: l’attaccante numero 9 ha rievocato quella meravigliosa annata con visibile emozione.
Un grande successo ripercorso durante ‘Radio Radio Lo Sport’ con Francesco Di Giovambattista, Ilario Di Giovambattista, Franco Melli e Alessandro Vocalelli. Ecco il racconto del bomber.
“Ad inizio stagione c’era nella squadra la consapevolezza di potercela giocare. E’ chiaro poi che la stagione ha avuto anche dei momenti dei difficoltà, come tutte le volte che devi giocare per quel livello lì. Quindi la poca abitudine in certi momenti, l’inesperienza. Anche nei momenti peggiori, vedi la partita con la Juventus. La domenica dopo a Pisa io avevo la convinzione che avremmo vinto. Poi è andata anche bene, bisogna riconoscerlo. Qualche risultato come la famosa vittoria del Torino in rimonta. Abbiamo anche perso delle partite e pareggiato altre che potevamo vincere. La convinzione di essere forti ce l’avevamo sicuramente.
C’è stata una escalation. Domenica dopo domenica prendi sempre più convinzione. La domenica dopo la sconfitta con la Juve, non ho giocato perché ero infortunato, però ero negli spogliatoi con i compagni ed ero sicuro che avremmo vinto perché eravamo forti e convinti. Dopo 40 anni, certo, un po’ di braccino in certi momenti può essere anche venuto.
Io ero speculare al massimo, ero specializzato in quella caratteristica, e ho costruito su questo la mia carriera. Il grande mister ‘il barone’ ha cercato i giocatori tassello per tassello. Ne parlavo anche con Iorio che mi ha detto: ‘Liedholm è venuto a vedermi a Perugia e mi disse esattamente il ruolo che avrei ricoperto nella Roma l’anno dello scudetto’. Maurizio era un attaccante come me e invece è diventato un esterno. A volte si sottovaluta il fatto di costruire una squadra. Lì è stata proprio una ricerca. Anche il mio lavoro era semplificato perché giocavo di sponda e tenevo la palla veramente il tempo indispensabile. Poi ero chiamato a finalizzare ma anche a far giocare i centrocampisti, a farli venire dentro. Mi trovavo benissimo in quegli schemi. Io un centrocampo forte come quello lì non ne ho visti, se aggiungiamo anche Cerezo. Di Bartolomei faceva il regista difensivo. Poi Prohaska e Ancelotti. Se li prendo adesso e li metto in campo non ce n’è per nessuno”.
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