In questi tempi di attenzione mediatica al virus tante tematiche ambientali rischiano di essere misconosciute, o addirittura perdute.
Due in particolare non dovrebbero mai finire del dimenticatoio:

  • La crisi che sta attraversando il più grande predatore boreale, qual è l’orso bianco, che si trova in uno stato talmente precario da far temere per il 30% di individui della sua specie, una stima tanto elevata da segnarne il destino.
    I ghiacci che fondono non danno più possibilità all’orso di orientarsi nel deserto bianco, compromettendo la sua possibilità di nutrirsi.
    Sarebbe importante che tutti le componenti biologiche planetarie stessero al loro posto e in buona salute. Sì, anche in tempi di coronavirus.
  • Le tigri.
    Fino a qualche tempo fa sembravano destinate a un declino inesorabile, finalmente godono di una leggera ripresa nei numeri. I programmi di riproduzione stanno funzionando, anche se ci sono ancora fin troppi bracconieri e guardaparco che si vendono per un tozzo di pane per far cacciare qualcuno: pensate che in Africa è stata data la possibilità di fare dei safari a dei bambini di dieci anni.

La caccia forse era necessaria al tempo dei raccoglitori, parliamo di 10.000 anni fa, quando gli uomini da prede evolsero in predatori inesorabili.
Cercarono altro sostentamento dopo che si resero conto di star esaurendo tutte le prede, così ripiegarono sull’agricoltura.

Oggi non si dovrebbe parlare nemmeno per scherzo di riaprire la caccia e qui si parla addirittura di fruirne nei safari.

Consoliamoci con la buona notizia sulle tigri e facciamo qualcosa per dare buone nuove, in futuro, anche sull’orso bianco: due specie simbolo, due specie ombrello e bandiera della vita sul pianeta terra.

GeoMario, cose di questo mondo – Con Mario Tozzi


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