Molte persone mi chiedono per quale ragione io parli spesso di argomenti teorici, come per esempio il fatto che l’economia umanistica si pone al di là di una logica elettorale di breve periodo e invece guarda il mondo che vorremmo tra dieci anni, inserendosi in una logica di piano strategico.

Spesso quindi mi imbatto in persone che chiedono pratica, e credono che quest’ultima valga più della teoria. E’ una questione vecchia come il mondo questa qui, e nel mondo occidentale ci sono a riguardo due correnti di pensiero filosofico: la prima è quella razionalista, dove per esempio si colloca Platone, che con il suo mondo delle idee parla dell’importanza di un mondo che trascende il reale, teorico.
Nella seconda, ovvero l’empirismo si collocano invece Cartesio, Locke e via discorrendo.

Anche in economia ci sono due visioni simili, la visione della teoria, che poi si applica nella realtà e la visione molto pratica, come Einstein direbbe: “La conoscenza è esperienza, tutto il resto è informazione“.

Bisogna però considerare anche un’altra visione, che è la cultura tipicamente orientale dell’armonia. E’ una cultura dove l’immanenza e la trascendenza si fondono ed è molto distante dal pensiero tipicamente occidentale, finalizzato a raggiungere qualcosa. E’ un pensiero di contemplazione, di contemplazione di quella conoscenza che è già dentro di noi.

Dobbiamo tenere conto di tutte e tre queste anime, dobbiamo pensare al mondo che desideriamo e quel mondo è già dentro di noi: in questo senso la discussione tra teoria e pratica non ha senso perché sono due facce della stessa medaglia.

Malvezzi Quotidiani, l’appuntamento con l’economista Valerio Malvezzi per comprendere efficacemente i meccanismi dell’economia umanistica.


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