Nello zibaldone della politica c’è un po’ di tutto. 

Ciò che prima sarebbe sembrata una palese anomalia, oggi rappresenta una straordinaria soluzione. 

Sono stati eletti al parlamento europeo con centinaia di migliaia di voti candidati onnipresenti su tutto il territorio nazionale che però, nonostante il giubileo di consensi, non andranno mai a Bruxelles. 

Tutto legittimo, per carità. 
Ma allora quale sarebbe la stravaganza? 
Beh! L’inaugurazione del nuovo modello di candidato. 

Il candidato che non si candida per essere eletto, ma si candida per contare i propri voti. 

Un’Europa di servizio quindi, necessaria soltanto a performance muscolari per misurare la consistenza elettorale dei diversi leader da spendere sul terreno della politica nazionale.

Mi chiedo, ma allora perché i leader politici parlano dell’Europa, come un luogo prioritario da presidiare, come fonte principe del disastro italiano, come luogo delicatissimo ove andare a fare battaglie, e poi tutti costoro (o quasi), o neanche si candidano, oppure se candidati ed eletti a suon di voti poi, incredibilmente, rinunciano al seggio che lasciano alle loro seconde o terze fila?

Quindi, un’Europa per gregari e collaboratori! 

Dall’interesse reale mostrato sembra che, sotto sotto, siano tutti sovranisti, nel senso che dopotutto, finita la propaganda elettorale, dell’Europa non importa nulla a nessuno, mentre sono tutti pronti a gonfiare il petto sul territorio nazionale.

C’è già chi dice all’indomani del responso delle urne che il governo italiano sia già in crisi. Sembra che si sia votato per le politiche nazionali e non per l’Europa. 

Si parla soltanto dei programmi interni, con le idee più chiare di quando si è votato un anno fa per il rinnovo del parlamento italiano. 

Già sappiamo chi ha vinto, quali saranno le prossime coalizioni di governo del Paese, quali le opposizioni. 

Bizzarrie di una politica sempre più creativa !?!

Il massimo della creatività narrativa però, lo ha raggiunto il caso Riace. 

Ci hanno fatto credere che quel luogo fosse il bengodi dell’integrazione. 

Conferenze in ogni parte del Paese, e già c’era chi pensava ad un film sulle gesta del paladino della solidarietà multiculturale. 

All’Oscar lo avrebbero poi, indirizzato i maestri del politicamente corretto.

Ed invece l’esperto aggregatore ricandidatosi nel suo comune, oltre aver preso percentuali da partito dei pensionati (anche se ci può stare perché nessuno è profeta in patria), ha visto improvvisamente sparire gli immigrati dal proprio comune. 

Alla faccia dell’integrazione!?! 
Spariti i soldi, spariti gli ospiti!?! 

Ai narratori di favole forse andrebbe ricordato che l’integrazione dovrebbe costituire un legame saldo di condivisione del lavoro, della lingua e del territorio con la contestuale nascita del senso di appartenenza ad una comunità. 

I suddetti poeti incantatori erano già pronti ad invocare lo ius soli per i desiderosissimi i ospiti. 

Ed invece, spariti i soldi, spariti gli ospiti. Forse più in cerca della retribuzione che dell’integrazione

Sarebbe opportuno ricordare, ma forse a Riace ne sono ben consapevoli visti i risultati provenienti dalle urne, che quando i Romani si presentavano in massa in un luogo, non era per integrarsi, ma per colonizzare, e questo, potrà essere confutato dagli autorevoli favolisti dell’intellighenzia, ma è storia. 

Guardate. Nulla da eccepire sulla legittima integrazione, fatto culturalmente accrescitivo del valore di una comunità, che non ha nulla a che vedere con una invasione autorizzata dall’alto, drogata con provviste esterne all’economia locale e sostenuta artatamente dagli interessi propagandistici della politica. 

Con gli ospiti, nella qualità di attori principali di una favola, magnificati da cittadini accoglienti e solidali.

Peccato che quando la favola serve soltanto per tenere in piedi la menzogna, gli attori principali spariscono ed i cittadini accoglienti e solidali, nel profondo sud, votano lega (nord).