Di burocrazia si può anche morire. Rimpallo di responsabilità, firme che arrivano troppo tardi, documenti che aspettano solo il via libera, ma quel via libera per la persona interessata non arriverà mai.

Ai suicidi per colpa del Fisco gli italiani si sono dovuti abituare, cosi come ai morti di malasanità, oggi nel 2019 dobbiamo fare i conti anche con gli omicidi ‘per mano’ di chi dovrebbe assicurare alle patrie galere violenti che invece lasciati in libertà diventano assassini.

E’ quello che è successo a Torino dove Stefano Leo muore per mano di un killer libero per errore. Said Mechaquat, il ventisettenne che si è consegnato alle forze dell’ordine non avrebbe dovuto essere a piede libero: violenza fisica, psicologica, ingiurie, minacce, danneggiamenti.

In una sola parola: maltrattamenti in famiglia. Per questo motivo l’uomo era stato condannato a un anno e sei mesi con una sentenza, diventata definitiva, che per lui comportava la carcerazione. Ci sarebbe stato un ritardo, o un intoppo, nella trasmissione dei documenti dalla Corte d’appello alla procura presso il tribunale.
Said non aveva ottenuto la condizionale per via dei suoi precedenti. Inoltre non aveva diritto a chiedere subito misure alternative per via del coinvolgimento di un minorenne nella vicenda. La condanna di primo grado, del 2015, era diventata irrevocabile perché il ricorso era stato giudicato inammissibile dalla Corte d’appello.

Ai genitori di Stefano avranno spiegato che la morte del figlio è stata il frutto di un ritardo burocratico, l’incompetenza di qualche funzionario pagato per fare il suo dovere? Di aver perso un figlio perché qualcosa si è inceppato nei meccanismi che regolano l’attività degli uffici giudiziari? Alla Procura non sarebbero stati trasmessi gli atti che avrebbero permesso di emettere un ordine di carcerazione.

Stefano poteva essere Federico, Vittorio, Andrea o Luisa. Poteva essere chiunque. Oggi il presidente della Corte d’Appello- Edoardo Barelli- ci dice che ha chiesto una relazione sul fascicolo di Said Mechaquat e che vuole capire come sia potuta accadere una cosa del genere.

Io non credo che ai familiari, alla fidanzata e agli amici del 33enne morto “perché sembrava felice” possa interessare molto come e perché sia successo. Non doveva succedere, eppure è successo.

Eppure succederà di nuovo e la cosa più grave è che non pagherà nessuno. Perché la verità è che l’assassino di Stefano non è solo Said Machaquat ma anche chi non ha fatto il proprio dovere. E’ giusto chiedere che paghi chi ha sbagliato o ci nascondiamo dietro all’ennesima scusa all’Italiana?

Susanna Marcellini