La plastica è leggera, resistente, duratura ed economica. Quanto ai suoi difetti, sono la non completa impermeabilità ai gas e al vapore acqueo ma il difetto peggiore è la non biodegradabilità. Infatti, una bottiglia di plastica può durare da un minimo di 100 anni a un massimo di 1.000.

1870, è la data in cui venne scoperta la plastica e come tale venne considerata una delle innovazioni più importanti dell’era moderna. Le conseguenze di questa rivoluzione all’epoca erano sconosciute. Essa ha posto le basi per una cultura sull’uso e sullo spreco di oggetti monouso. Tuttavia, negli ultimi anni l’urgenza impellente della quantità di plastica accumulata nel mondo è passata alla ribalta. I nostri occhi hanno assistiti ai numerosi servizi passati in tv, alle immagini che inondano i social e che mostrano isole sperdute sommerse da tutti i nostri rifiuti, o ancor peggio, alle problematiche che la plastica causa alla vita marina. Nonostante questo “bombardamento” di notizie, alle politiche intraprese da molti tra gli Stati della scena internazionale, la situazione è drammatica. Una recente stima del Parlamento europeo ha confermato che entro il 2050 il peso delle plastiche presenti nei mari sarà superiore a quello dei pesci.

Meno di un mese fa, il 27 marzo 2019, il Parlamento europeo ha votato a favore di nuove regole per arginare il problema dei prodotti monouso e degli attrezzi di pesca perduti in mare. Pensiamo solo che questi prodotti compongono ben il 70% di tutti i rifiuti marini. Solo per dare qualche numero: più di 150 milioni di tonnellate di plastica negli oceani, si stima da 4,8 a 12,7 milioni di tonnellate di plastica finiscono negli oceani ogni anno.

Qual è l’impatto ambientale di questo accumulo smodato di rifiuti di plastica sui fondali marini? Molti animali rimangono impigliati o ingeriscono la plastica causando la degradazione del loro habitat naturale e  l’esposizione a sostanze chimiche. L’esposizione a sostanze chimiche derivanti dalla plastica impattano la catena alimentare per la nostra salute. Non è fuori da questo ciclo anche l’economia, pensiamo solo che il costo dei rifiuti marini si stima sia tra 259 a 695 milioni di euro, principalmente a discapito del settore turistico e ittico. Riciclare 1 milione di tonnellate di plastica equivale a togliete 1 milione di auto dalle strade in termini di emissioni di CO2.

Il modo più efficace per affrontare il problema è quello di impedire che ulteriori quantità di oggetti di plastica finiscano in mare in quanto essi costituiscono il gruppo più numeroso di rifiuti trovati lungo le coste marine. Il parlamento europeo ha pubblicato la classifica dei dieci oggetti trovati più frequentemente sulle spiagge: bottiglie e tappi, mozziconi di sigaretta, cotton fioc, pacchetti di patatine e carte di caramella, assorbenti igienici, buste di plastica, posate e cannucce. La triste notizia è che tutti questi prodotti insieme costituiscono più della metà i rifiuti marini totali.

Cosa possiamo fare? È stato approvato il divieto totale per gli oggetti di plastica monouso di cui esiste una versione alternativa già disponibile sul mercato: cotton fioc, posate, piatti, cannucce, bevande e bastoncini e contenitori per cibo da fast-food in polistirene. Sono state approvate anche altre misure, come l’estensione della responsabilità per alcune aziende, in particolare per le multinazionali del tabacco, secondo il principio del “chi inquina, paga”. Tale modello si applica anche ai produttori di attrezzatura da pesca, in questo modo si evita che siano i pescatori a dover affrontare i costi della raccolta delle reti da pesca perse in mare.

Fra le altre proposte approvate, l’obiettivo di raggiungere entro il 2029 la raccolta del 90% delle bottiglie di plastica (per esempio attraverso il sistema dei vuoti a rendere) e l’obbligo di etichettatura per i prodotti di tabacco con filtri, i bicchieri di plastica, gli assorbenti igienici e le salviettine umidificate, in modo che gli utenti sappiano come smaltirli correttamente, il tutto corredato da un’attività di sensibilizzazione.

Infine, è stato stabilito che una parte del materiale utilizzato per produrre le bottiglie di plastica debba provenire dalla plastica riciclata in percentuali pari al 25% entro il 2025 e al 30% entro il 2030. Maggiore responsabilità per i produttori e nuova visione di riciclaggio: l’obiettivo è quello di raccogliere il  90% delle bottiglie di plastica da parte degli Stati membri entro il 2029. Inoltre, tali bottiglie dovranno contenere almeno il 25% di contenuto riciclato entro il 2025 e il 30% entro il 2030. L’accordo rafforza inoltre l’applicazione del principio “chi inquina paga”, introducendo una responsabilità estesa per i produttori.

Questo nuovo regime si applicherà ad esempio ai filtri di sigaretta dispersi nell’ambiente e agli attrezzi da pesca persi in mare, per garantire che i produttori sostengano i costi della raccolta. Le nuove norme stabiliscono infine che l’etichetta informativa sull’impatto ambientale sarà obbligatoria. Ciò dovrà valere anche per altri prodotti come bicchieri di plastica, salviette umidificate e tovaglioli sanitari.