No, così è un ‘ingiustizia. E anche se a freddo vi diranno che la Roma è sempre quella, non puoi mai fidarti, stavolta è diverso, profondamente diverso. La Roma è stata eliminata dal Porto, alla fine di una gara pazzesca, ma non si possono ignorare  alcuni aspetti fondamentali. Primo: alla fine c’era un rigore su Schick che al Var è impossibile non concedere. C’è il tocco in area del difensore del Porto e ignorarlo vuol dire ignorare un episodio che alla moviola è nettissimo. E non c’entra che al Porto, pochi minuti prima, era stato concesso un rigore sempre con l’intervento del Var. Perchè una partita va vivisezionata e giudicata fino all’ultimo istante. E all’ultimo istante la Roma avrebbe dovuto avere un rigore, che ci farebbe fare discorsi completamente diversi.

Certo, nei novanta minuti il Porto è stato superiore alla Roma. A una Roma insolitamente sistemata con i tre difensori e un centrocampo portato molto più a contenere che a offendere. Però è anche vero che nei supplementari, in un’altra gara di trenta minuti, la Roma ha giocato molto meglio del Porto, dimostrando maggiore freschezza e sfiorando due volte il gol con Dzeko. Insomma, la Roma ha lottato, ha sofferto e se era questo il test per verificare quanto la squadra si è legata a Di Francesco, allora non si può evitare di dire che l’allenatore non è stato abbandonato sul campo. Fatto sta che la Roma, dopo la semifinale dello scorso anno, malgrado un mercato evidentemente sbagliato, ha sfiorato di approdare questa volta ai quarti. Non c’è riuscita, per un mancato rigore e per quel gol – decisivo – dei portoghesi all’Olimpico. Una svirgolata incredibile.

Alessandro Vocalelli