La partita? Storica. Allegri? Bravissimo. Cristiano? Ovviamente un fenomeno e fa per tre. Ma il più bravo, per me, è un ragazzo italiano di 25 anni, tutto muscoli, tatuaggi e classe. Quasi di Firenze, la città degli artisti.
Si chiama Federico Bernardeschi.

È nata una stella internazionale e questa stella è italiana. Sino a questa partitissima alternava prodezze ad amnesie, concretezza a ghirigori. Questa volta è stato tutto. Ala, suggeritore, uomo da contrasti, uomo da re e da banditi. Brava la Juve a prenderlo. Fortunato Mancini a trovarselo, caldo e appena sfornato e soprattutto gratis.
 

Paulo Sousa lo impiegava da terzino destro, secondo canali tattici e tecnici che solo lui vedeva. Povero Bernardeschi: un grande pittore messo a fare l’imbianchino. Poi è arrivata la Juve, poi ha conosciuto Allegri e ha trovato la posizione. Quale? Andare e fare ciò che vuole, ma per la squadra, non per sè.
 La vicinanza di Cristiano ha fatto il resto. Federico ha capito che cosa significa essere un asso e come si diventa e si resta super. Ha capito che vita deve vivere uno che vuole arrivare in cima al monte Bianconero.

Roberto Renga