Due squadre scarse, due portieri disastrosi, un arbitro don Abbondio, vince la Roma ma attenti a non farvi prendere dall’entusiasmo. Trattasi di roba piccola, mediocre, tristanzuola. Viste cose che voi umani non potete nemmeno immaginare, le papere di Olsen, due, una cancellata per fortuna sua dal Var (che non è entrato in azione su una spinta di Florenzi su Pandev all’ultimo giro!!!), le incertezze di Radu, due difesa parrocchiali, Roma contestata dai tifosi, Kolarov che sputa verso la curva, una bella serata di sport, nel cosiddetto Olimpico vuoto di belle gioie romaniste che hanno disertato questa esibizione, per il tempo piovoso e per i tempi della squadra.

La terza linea giallorossa mette davvero paura, soprattutto perché ha perduto la diga che l’anno scorso aveva filtrato e fermato le idee degli avversari. Di Francesco non lo ha capito, è cocciuto, è figlio, tatticamente parlando, di Zeman che, come ricordano gli almanacchi e le cronache, sapeva far giocare le sue squadre dalla cintola in su ma dietro sbracava che era un piacere. Se qualcuno volesse conferme, controlli i risultati e l’andamento della Roma Primavera che una ne fa e dieci ne combina, appunto perché è l’asilo o la scuola elementare voluta dal tecnico della prima squadra. L’errore sul primo gol genoano è tutto di Olsen, il raddoppio è uguale a quello incassato a Cagliari con Florenzi che si dimentica di chi ha alle proprie spalle, un vizietto che non verrà mai migliorato.

Le distrazioni negli ultimi minuti confermano che la barca romanista è piena di buchi, ha paura della propria ombra. Resta la sensazione che, al di là del risultato, la Roma non sia ancora squadra ma viva di episodi, di azioni isolate, di giocate dei singoli, di sprazzi e spruzzi. La duplice farsa di Olsen denuncia una tensione bassa di tutto il gruppo ma nessuno può parlare, oggi, di Allison perché il brasiliano ne ha combinata una contro il Manchester United anche se poi il Liverpool ha vinto la sfida.

Tony Damascelli