Al terzo pareggio consecutivo in campionato, la Lazio ha perso il quarto posto, scavalcato dal Milan. Più che un campanello d’allarme per una squadra che, inguardabile nel primo tempo, ha perso una grande occasione per restare in zona Champions. Bisogna chiedersi cosa sia successo nei primi quarantacinque minuti, perché non basta il modulo – magari troppo rinunciatario – per giustificare una prova così scialba. Può non piacere – e personalmente non mi piace – la difesa a a cinque, ma sarebbe pretestuoso pensare che sia stato l’assetto a penalizzare in partenza la Lazio.
Troppi giocatori assenti, senza elettricità. Le cose sono cambiare nella ripresa, con una squadra maggiormente votata all’attacco, ma d’altronde in quel momento c’era poco o niente da difendere. Logico dunque che si sia vista una Lazio diversa, con il gol e il palo di Immobile. C’è anche una questione tattica evidente, insomma, ma sarebbe sbagliato pensare che dipenda tutto da questo. O forse il modulo, il modulo del secondo tempo, è la spia di un problema che la Lazio si trascina da tempo: non riuscire a cogliere le occasioni, fallendo le occasioni che possono rappresentare il salto di qualità. Ecco, la Lazio è una gran bella squadra che di fronte alla possibilità di spingere sull’acceleratore finisce un poi per perdersi.

Serve una scossa, una consapevolezza maggiore, la voglia di crederci. La società può darla, magari investendo a gennaio per far capire che c’è una gran voglia di centrare il traguardo. La squadra e l’allenatore in particolare convincendosi, però, che a volte serve un qualcosa di più – dall’interno – per svoltare nei momenti di difficoltà. Il Milan dei tanti infortunati, da questo punto di vista è un esempio da tener in conto.