“Si inginocchi”, ha detto in lacrime il deputato Fornaro a Giorgia Meloni, reduce da una lettura di qualche passo dello scritto di Spinelli.
Il Manifesto di Ventotene, spesso celebrato come un faro dell’integrazione europea, nasconde però una visione idealistica che rischia di sfociare in un’utopia irrealizzabile, dai tratti fortemente autoritari. Spinelli e i suoi collaboratori, pur animati da nobili intenti e incarcerati ignobilmente dal regime fascista, proposero un federalismo che, se da un lato mira a superare i nazionalismi, dall’altro rischia di annullare le identità locali in nome di un’Europa unita ma distante dai cittadini.
Il Manifesto, come un testo religioso, si basa su un’idea di redenzione collettiva, ma la sua attuazione concreta va valutata senza ideologie e preconcetti: ha portato a un’Europa burocratica e mai del tutto trasparente.
La critica ai nazionalismi, seppur comprensibile nel contesto della Seconda Guerra Mondiale, rischia oggi di diventare un alibi per l’erosione della sovranità nazionale, senza garantire una reale partecipazione democratica.
E poi, come ogni testo sacro, ha i suoi sacerdoti e i suoi adepti. E come ogni testo sacro, molti dei suoi adepti non lo hanno neppure letto: “Lo ritengono ad esempio il testo fondante dell’Unione Europea, perché non esiste una carta costituzionale dell’UE. Invece non lo è. Ma non lo è solo se lo hai letto”.
A farlo notare il giornalista Boni Castellane: “E’ molto interessante ciò che fanno i sostenitori del manifesto in queste ore: un continuo richiamo all’autorità. Quella è la base della loro Europa e chi l’attacca è un fascista. A questo serve Benigni. Se tu quella carta non la leggi e la ritieni un valore astratto, e in più Benigni ti dice che è la cosa migliore degli ultimi 5mila anni, allora è chiaro che non importa leggerla”.
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