Nel XXI secolo l’economia diventa sempre più virtuale. Non sto negando la produzione fisica, al contrario affermo che il procedimento di creazione del valore è ora riconosciuto non nello sfruttamento di risorse naturali e dell’uomo, ma nella loro integrazione, nella creazione di conoscenza in un pensiero di rete.
150 anni fa tutti gli economisti cominciano a far ruotare la discussione intorno alla tripartizione mezzi-capitale-lavoro. Chi ancora oggi è fermo a quelle logiche? Purtroppo per noi, tutta la classe politica, tutta la classe industriale, i sindacati, gli organi di informazione e praticamente tutte le università e i centri di ricerca.
Non si può uscire da quel meccanismo di economia capitalistica se non radendolo a zero.
Dopo 30-40 anni di neoliberismo sfrenato stiamo osservando che i popoli diventano sempre più poveri e solo una piccola minoranza accumula enormi risorse. Quindi è un modello molto efficiente, ma molto ingiusto.
Perché non si può pensare a un modello diverso? Un modello che parli di conoscenza e di economia di rete.
L’economia di rete ha la caratteristica di non chiedere la competitività, la lotta alla prevaricazione dell’altro, e mira invece alla collaborazione con l’altro. Le imprese si scambiano conoscenza in logica collaborativa.
Un cambio di paradigma epocale: una volta capiti i principi dell’economia umanistica non si può più tornare all’economia capitalistica.
Malvezzi Quotidiani, comprendere l’Economia Umanistica con Valerio Malvezzi
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