La curva che indica l’andamento dei casi da coronavirus continua ad aumentare la sua pendenza verso l’alto. Qui si riscontrano due correnti di pensiero: gli allarmisti, coloro che interpretano i dati valutandoli come un ritorno ai mesi più bui dell’epidemia e i fiduciosi, vale a dire chi giudica i nuovi contagi senza cadere nella tragedia.
Di certo la narrazione, preoccupata, che da più parti viene condotta sugli attuali numeri giustifica in parte la reazione degli allarmisti. Spesso, infatti, il sistema dell’informazione influenza, nel senso che getta nel panico, parte dell’opinione pubblica.
Al di là delle interpretazioni, quali sono i veri dati sul coronavirus di oggi in Italia? Luigia Luciani e Stefano Molinari l’hanno chiesto al dottor Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe.
Ecco l’intervista al Dott. Cartabellotta a “Lavori in Corso”.
“Noi, come sapete bene, facciamo un minutaggio settimanale per ridurre al minimo quelle che sono le fluttuazioni giornaliere. Nell’ultimo report, quello che fa riferimento alla settimana dal 19 al 25 agosto, c’è stata un’ondata di nuovi casi (più 3359) che praticamente corrisponde più 92% rispetto alla settimana precedente.
Dalla fine di luglio in poi i casi sono aumentati progressivamente ogni settimana e non solo per l’aumento dei tamponi. Ma anche per quello che è il famoso rapporto positivi/casi testati. Che dalla fine di luglio alla settimana scorsa è aumentato dallo 0,8 al 2,1%.
Questo è un problema perché se i contagi aumentano in maniera importante si cominciano ad accendere altre spie rosse. Nelle ultime quattro settimane si sta cominciando a vedere quella che si chiama l’inversione della curva. Non si è più in discesa ma i numeri cominciano a salire. Naturalmente i numeri vanno interpretati per leggere l’evoluzione dell’epidemia nel nostro Paese”.
“Queste spie rosse non devono generare allarmismi. La Fondazione Gimbe fa un lavoro di monitoraggio che mira a limitare le cose peggiori. Di fatto noi oggi abbiamo gli ospedali vuoti paragonando i numeri attuali a quelli di marzo e aprile scorsi. Ci troviamo in una fase completamente diversa dell’epidemia. Senza dimenticare che l’epidemia probabilmente è cominciata a ottobre, novembre del 2019. Forse lo sapremo, forse non lo sapremo mai.
I numeri attuali da un lato ci confermano che non rivedremo mai più le drammatiche scene degli scorsi mesi. Non ci potrà mai essere un effetto sorpresa. Anche le decisioni politiche inseguono dei dati che non sono più attuali”.
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