209 miliardi, di cui 81,4 come trasferimenti diretti e 127 come prestiti. Dopo quattro giorni di intensi negoziati i Ventisette hanno finalmente trovato un accordo sul prossimo bilancio comunitario: “Intesa storica“, ha detto il Presidente Michel, si fa fotografare esultante il premier Conte. Tutto perfetto insomma, almeno finché non si considera il rovescio della medaglia.
Già perché in un accordo con un “do ut des” di fondo, un rovescio della medaglia c’è sempre.
Questione di come si valuta ciò che si è perso per ciò che si è ricevuto, e il costo di quest’accordo è fin troppo aspro secondo Valerio Malvezzi.
Aspro a tal punto da considerare il Recovery Fund perfino una “presa in giro”.
Le componenti che portano a pensarlo sono molteplici: i 5 miliardi di scarto ai danni dell’Italia come contributore netto dell’Europa, i termini di un accordo che sembra più vincolante che di supporto, e le catene politiche che arbitrariamente verrebbero apportate al nostro Parlamento, nel caso non fosse giudicato consono l’uso di questi fondi.
Ecco la spiegazione di Valerio Malvezzi ai microfoni di Fabio Duranti e Francesco Vergovich.
“Vi traduco cosa c’è scritto nell’accordo: ‘Dal periodo che va dal 2021 al 2027 ci saranno delle correzioni che ridurranno la contribuzione annuale di Danimarca, Olanda, Austria, Svezia e, nel contesto del supporto, anche la Germania.
Questi avranno quindi un risparmio sul contributo da dare all’Unione Europea.
Leggo i numeri sul loro risparmio annuale:
In sintesi i più ricchi, grazie all’accordo fatto da Conte diventeranno ancora più ricchi.
I supporter di Conte potrebbero dirmi ‘chi se ne frega’.
Bene. Leggiamo l’articolo successivo: ‘Queste riduzioni di contribuzioni saranno finanziate da tutti gli Stati membri secondo il loro PIL’, quindi attenzione, vuol dire che paghiamo noi per gli olandesi e per i tedeschi.
Avete capito o no che cos’è il Recovery Fund?
Quello che ci aspetta è che noi nel 2021 dovremo scrivere un piano per fare – forse – arrivare quei soldi, in cui dovremo (come da accordi) tagliare la sanità, tagliare la scuola, tagliare la giustizia, tagliare le pensioni, tagliare il lavoro.
Perché costretti a tagliare? Per una ragione molto semplice: quelle risorse sono soldi nostri che diamo a loro, e dal momento che i soldi non si creano (quello lo fa la BCE) qualcuno quei soldi ce li deve mettere nel bilancio UE. Se avete compreso quanto detto prima, dedurrete che quel qualcuno siamo noi.
Qui ci vuole uno statista, uno statista che abbia a cuore il proprio paese, crea un piano d’uscita, lo attua e il giorno dopo va a spiegare quello che è accaduto.
Non è che va a raccontare prima quello che farà, o entrerebbero in gioco lo Spread e i soliti ricatti finanziari. Si deve cercare di minimizzare il danno che evidentemente ci può essere, ma cosa vogliamo fare? Costringere a emigrare i nostri giovani perché non ci sarà più lavoro?
Stiamo parlando di non divorziare perché abbiamo paura dei costi finanziari del divorzio“.
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