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La spesa compulsiva

Cercavo una tortina, una, piccola, diciamo da quattrocento grammi al massimo, essendo tre in casa (molto in casa) per festeggiare il compleanno. Pasticcerie chiuse, non posso che provare dal fornaio, perché – ragionamento normale in tempi anormali – dal fornaio la gente va per il pane, la pizza bianca, le focacce soprattutto; dolcetti e dolciumi vari si trovano per tutto il giorno.

Mi metto in fila, a una ventina di metri dall’ingresso, rispettando le distanze, senza sbirciare per individuare cosa ci sia sui banconi.

Entro, saluto la ragazza che sta servendo e chiedo: “Ciao, vorrei una tort…” Mi stoppa subito: “L’ultima torta l’ho venduta alle dieci… ne era rimasta una alle visciole, se so’ portati via pure quella… io non lo so la gente quanto sta a magna’…”

Rido, esco, rifletto.

Poi mi tocca la spesa al supermercato: la faccio solo io, a casa cerchiamo di fare rifornimento ogni cinque giorni circa. Ci fanno entrare due alla volta a seconda del piano, invitandovi a scegliere quello inferiore per ottimizzare le cose.

“Ma io entro dove voglio, non mi possono obbligare a scegliere il piano, adesso aspetto e lo faccio apposta…” osserva una signora che fino a un istante prima scalpitava per entrare.

Scendo, reparto pasta, detersivi, bevande varie. Dovendo rispettare le distanze, anche tra i vari scaffali, sono più portato a osservare la gente. O la mitologica ‘Gente’ se preferite: creatura multiforme, dai mille accenti ma dal pensiero e dai comportamenti quasi unici, a quanto pare, almeno stando ai sociologi.

Mi colpisce subito un particolare: ampie macchie di vuoto tra gli alcolici… vino, birra, distillati e liquori. Tanta birra nei carrelli, un bel po’ di vino, vari Fernet, limoncelli, diversi marchi di sambuca. Come se si dovesse fare scorta per concedersi una delle poche ebbrezze possibili, mi viene da pensare.

Piano superiore: carrelli pieni, a volte quasi debordanti, ma questo è giustificato dalle tempistiche delle uscite per la spesa, ritengo.
Però è la composizione dei carrelli, a farmi riflettere: qualche cliente sembra che debba allestire una gigantesca calza della Befana; dolciumi e merendine in eccesso, biscotti farciti, tavolette di cioccolata.

Si sono moltiplicati i vasetti di burro di arachidi, tra l’altro nelle varietà dolce e salata; ora li hanno anche messi in bella vista, perché, come mi spiega uno degli inservienti, ora alla gente gli è venuta voglia. Il burro di arachidi, quello industriale: fa meno male un destro di Tyson, forse anche del Tyson ancora in attività, probabilmente.

Mi metto in fila per pagare. Davanti a me un signore anziano, viso scoperto e niente guanti, raggiunge la cassa senza aspettare che il cliente precedente abbia finito. La signora alla cassa lo invita a retrocedere, rispettando le linee di nastro poste in terra.
– Ma come faccio a svota’ er cestinooo?!
– Deve aspettare, sono le regole…

Quello per tutta risposta prende e tira, letteralmente tira, il cestino sulla cassa.
– Allora me lo svoti te! Tie’!

Quando sarà passata, nel tripudio dei venditori e soprattutto dei riparatori di bilance, ricordiamoci di includere tra le figure eroiche di questi giorni tutti coloro che lavorano nei supermercati, a cominciare da quelli che stanno alle casse, please.

Paolo Marcacci


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Paolo Marcacci

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