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Sport

Il fuoco della passione, contro il “fòco” dei cori

Ogni volta che accade, e accade ogni volta, anche se non è soltanto un gioco di parole, si ha sempre la sensazione di aver sprecato il tempo: ad analizzare, a parlare di valori, a censurare l’idiozia, a spiegare quanto sia idiota un coro come quello sul Vesuvio.

Idiota come gli ululati verso un giocatore nero, come altre espressioni di discriminazione territoriale che andrebbero censurate allo stesso modo, idiota come tutte quelle “espressioni” che rendono i nostri stadi cassa di risonanza (e ridondanza) della stupidità.

Eravamo in diretta, con gli auricolari per il collegamento sempre aperto con Luigia Luciani che si trovava in studio; durante il suo racconto in radiocronaca (per il minutaggio concesso), Francesco Di Giovambattista si e ci (ad Alessio Di Francesco e al sottoscritto) chiede perché Rocchi abbia fermato il gioco e perché i giocatori di Roma e Napoli siano tutti radunati a metà campo, visto che non abbiamo ravvisato alcun fallo durante lo scorrimento dell’azione precedente.

Un collega di Napoli, al quale chiedo lumi, al posto dell’auricolare mi insinua nell’orecchio un “lavali cor fòco”, con tono comprensibilmente stizzito.

Restiamo male.

Semplicemente, come bambini ai quali qualcuno ha appena calpestato il giocattolo con cui si stavano tanto divertendo. Oltre a raccontare e commentare, ci stavamo anche godendo il gioco e i suoi interpreti, tutti, prescindendo nell’ammirazione dalla maglia che gli uni e gli altri indossavano, perché una rabona di Pastore o un anticipo imperioso di Koulibaly si osservano e si apprezzano con ammirazione trasversale, o neutrale se preferite.

Dieci, venti o cento cretini ci hanno opacizzato in un solo istante una partita fino a quel momento coloratissima dall’esito totalmente in bilico, dalla ricerca delle giocate individuali, dal quadro tattico in continua evoluzione.

Il boccone del prelibato pasto ce lo hanno mandato di traverso, l’amaro in bocca ci è rimasto fino al triplice fischio di Rocchi; anzi: ben oltre, visto che ve lo stiamo ancora confidando.

Paolo Marcacci


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