Tutto e il suo contrario, o quasi: la Roma che si ripresenta, con tanto di gioco di luci, davanti al suo pubblico per il primo impegno ufficiale, va sconsigliata ai deboli di cuore; può invece essere un valido esempio da seguire per chi difetta di autostima.
Formazione ampiamente annunciata, con il solo Pau Lopez (un portiere che sembra trasudare affidabilità presso i compagni di reparto) come nome nuovo dell’undici titolare.
Tanto piacevole quando si dispiega in avanti, spesso triangolando di prima con una già sufficiente dose di automatismi, quanto vulnerabile dietro. Le due segnature genoane evidenziano un deficit di sincronismo tra i reparti in occasione del gol di Pinamonti e un errore di Fazio evidente che inguaia Juan Jesus nel momento in cui quest’ultimo si ritrova a dover intervenire in maniera scomposta provocando il penalty.
Al di là dell’episodio con cui i giallorossi trovano il terzo vantaggio (sontuosa punizione di Kolarov), ai due terzi di gara la squadra di Fonseca mostra una convinzione circa i propri mezzi in fase offensiva che trascende i rischi corsi e i rovesci in fase difensiva.
Poi, la bambola finale, il gol incassato dopo una transizione offensiva gettata alle ortiche: sbaglia Florenzi, sbaglia di rimando anche Mancini. Quasi incredulo Kouame per il bocconcino, servitogli quasi in livrea.
Non è una Roma a due facce, sarebbe banale definirla così: è un meccanismo complesso, efficace quando offende con grande scioltezza, a tratti; sovraesposto nell’essere ancora un laboratorio per quanto riguarda la fase difensiva, da attuare in maniera chirurgica e per questo con interpreti non casuali.
Palla a Petrachi, per l’ultima settimana, innanzitutto; poi buon lavoro a Paulo Fonseca, che non parla mai a caso e ancor più precisamente fa le sue richieste.
Questo, più che altro, è il momento di dire “Non disturbate il manovratore”.
Paolo Marcacci
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