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Cucina

A tu per tu con “ilMori”: quando il cuoco diventa influencer (con cervello)

Nel vivace e a tratti surreale mondo dei social, tra influencer, contenuti virali e strategie acchiappa-like, l’unica regola sembra essere attirare attenzione a ogni costo. Anche il settore del food è stato risucchiato in questa corsa all’hype, tra ricette improbabili, chef improvvisati e comunicazioni più teatrali che culinarie. A distinguersi, con uno stile tagliente e colto, è Guido Mori, direttore dell’Università della Cucina Italiana di Firenze, che su Instagram e TikTok ha guadagnato notorietà per il suo approccio critico e disilluso. Tra una stoccata ironica e una lezione di tecnica, Mori smonta miti gastronomici e mode del momento senza mai perdere il filo culturale.

Intervistato in diretta su “ShowFood” (con Francesco Vergovich) ha detto la sua su social, tecnologie alimentari, didattica e mondo della formazione, restando fedele al suo tono dissacrante e mai scontato.

Guido Mori: “Pasta e maionese? No, grazie

L’intervista si apre con un aneddoto che racchiude perfettamente il pensiero di Mori:

“L’altro giorno ho commentato un video in cui una ragazza, per una nota marca di maionese, metteva la maionese nella pasta asciutta. L’ha spremuta dentro. È stato come se avessi picchiato un cane in mezzo alla strada: si è scatenato un putiferio. E perché? Perché mi sono permesso di dire che forse è un’operazione di marketing di basso livello, che crea solo hype senza portare alcuna cultura gastronomica? Apriti cielo! Mi hanno detto: ‘Eh ma è giovane, perché l’hai criticata?’. E io mi ricordo che, da giovane, ogni volta che facevo una stupidaggine mi facevano dei bei mazzi. E forse sono stati quei mazzi a insegnarmi qualcosa.”

Guido Mori – Tecnologia in cucina? Non tutto fa brodo

Sollecitato sull’uso della tecnologia nella lavorazione degli alimenti, Mori distingue nettamente tra innovazione utile e speculazioni furbette:

“Dipende. Se parliamo degli ultrasuoni per la cavitazione, per abbattere la carica batterica nei crudi, è una tecnica molto interessante. Ma se parliamo di osmosi inversa per trattare l’acqua del rubinetto, quella è una truffa.”

E aggiunge, con il suo solito sarcasmo:

“Mi diverte sui social smontare certi idioti che spacciano tecniche senza senso. Io cerco di portare contenuti con un retroterra tecnico, scientifico e culturale.”

Quando il salmone non è una scoperta

Mori è anche intervenuto sul tema del salmone da allevamento, tornato sotto i riflettori dopo i servizi di Report e del Guardian:

“La questione del salmone è una cosa che in cucina discutiamo da anni. Non è una sorpresa per nessun cuoco. Ma nel mondo quotidiano, finché non è uscita quella bomba di Report, Guardian, Food for Social ecc., nessuno sapeva nulla. È lo stesso con l’avocado. Tra poco toccherà al pollo. E domani sarà il turno del maiale”.

Scuola e ragazzi: chi insegna davvero a chi?

Uno dei passaggi più profondi dell’intervista riguarda l’evoluzione della didattica negli ultimi anni. Mori osserva:

“La didattica è cambiata in maniera impressionante. Prima era passiva: tu insegnavi, loro ricevevano. Ora è interattiva: costruisci il corso con gli studenti, loro partecipano. Non è più la didattica all’antica. I giovani di oggi vogliono essere attivi nella loro vita. E questo va valorizzato, perché solo attraverso questa partecipazione reale puoi insegnare davvero qualcosa.”

Docenti vecchi? Il problema è molto più grande

Provocato sulla scarsa preparazione di molti insegnanti negli istituti alberghieri, Mori risponde con una riflessione più ampia:

“La formazione del corpo docente è un problema enorme. Ma il vero punto è che l’Italia non investe nella cultura. Gli stipendi dei docenti sono fermi, le scuole sono svuotate. Prima negli alberghieri si faceva pratica, oggi nemmeno col lanternino. E gli stipendi sono così bassi che molti fanno altri lavori e non si formano. Perché dovresti farlo, se nessuno ti riconosce questa crescita? Se la formazione non ti dà vantaggi in carriera o in punteggio? Se lavori in un sistema che non valorizza la cultura, non lo fai.”

E chiude con un’immagine tagliente: “Il discorso è più vasto del semplice lavoro che troverai dopo la scuola. Magari fai l’alberghiero e poi diventi poeta…

In un’epoca in cui spesso basta un like per sentirsi esperti, Guido Mori rappresenta una voce fuori dal coro: culturale, corrosiva e profondamente radicata nella tecnica e nella pratica reale.
Che si tratti di una forchettata di pasta alla maionese o della formazione dei docenti, Mori non fa sconti, ma offre sempre un punto di vista strutturato e, soprattutto, necessario.

Francesco Vergovich

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