LA PERLA DEL GIORNO: I MASCHI INQUINANO DI PIÙ | Dimenticate le multinazionali del petrolio, le centrali a carbone o l’industria del fast fashion. Il nuovo colpevole del disastro ambientale globale è molto più semplice e, soprattutto, più virile: è l’uomo medio. Ma non uno qualunque – parliamo del “maschio alpha“, quello che sgomma con la macchina, griglia bistecche come se dovesse sfamare un branco di lupi e guarda con sospetto qualunque verdura non sia stata cotta direttamente sulla fiamma.
A dirlo non è una battuta da bar, ma una ricerca pubblicata dalla prestigiosa London School of Economics, che ha intervistato 15mila persone per arrivare alla seguente conclusione: gli uomini emettono il 26% in più di gas serra rispetto alle donne. La colpa? L’auto, la carne rossa e, tra le righe, quell’antico istinto tribale che spinge certi esemplari umani a esprimere la loro virilità accelerando al semaforo o ordinando un T-bone al sangue.
Secondo lo studio, questa differenza non è solo questione di gusti o abitudini, ma il riflesso di un modello culturale maschile legato all’ostentazione e al controllo. Inquinare, insomma, sarebbe una manifestazione del maschio alpha. Rinunciare all’auto o passare a una dieta sostenibile verrebbe vissuto quasi come un attacco all’identità.
Il tutto suona tanto sociologico quanto difficile da non leggere con un mezzo sorriso. Non che l’impatto ambientale degli stili di vita non esista, ma la tesi per cui l’ego maschile sia un fattore climatico è, per così dire, piuttosto creativa. E qui entra in scena Bonifacio Castellane, con un commento lucido e divertito che smonta – punto per punto – l’impianto di questa teoria.
Castellane va oltre e smonta il ritratto caricaturale proposto dallo studio: «Citando testualmente, l’uomo tossico sarebbe quello che sgomma con la macchina, impenna col motorino e mangia bistecche a pranzo e cena». Un’immagine che – come osserva il giornalista – non solo non corrisponde alla realtà, ma rappresenta una «macchietta da cinema anni ’50, alla Alberto Sordi». Se davvero vogliamo prenderla sul serio, tanto varrebbe sostenere – dice Castellane – che «le donne inquinano col make-up o con la coltivazione intensiva della soia».
«Sono argomenti che scadono nel comico», continua Castellane, «ma funzionano perfettamente per spingere una narrazione ben precisa». Una narrazione dove, tra allarmismi e moralismi, si cancellano le basi scientifiche e si sostituiscono con simboli ideologici: l’auto, la carne, l’uomo.
Il vero obiettivo di queste “ricerche” sembra non essere tanto la salvaguardia del pianeta, quanto la demolizione di un certo modello di maschile. E non si tratta di ecologia, ma di riprogrammazione culturale: «Non possiamo pensare di risolvere la crisi climatica senza mettere in discussione l’impatto causato dalla scarsa capacità dei maschi di mettersi in discussione» – recita uno dei tanti articoli delle testate che hanno ripreso la notizia.
Un’affermazione che, secondo Castellane, rappresenta il cuore della questione: «si salta completamente il punto fondamentale, cioè se la CO₂ emessa effettivamente causi il riscaldamento climatico». Invece, tutto viene dato per scontato e piegato a una lettura ideologica, «che mira non a comprendere il fenomeno, ma a usarlo come grimaldello culturale».
Quello che preoccupa davvero – secondo Castellane – non è lo studio in sé, ma il meccanismo che lo rende autorevole e indiscutibile. Se la London School of Economics lo dice, allora è vero. Se osi dubitare, sei un negazionista climatico, un reazionario, forse persino… un “vero maschio”.
«Volendo, potrei commissionare uno studio che dimostra che le donne inquinano di più con i cosmetici», ironizza Castellane. «Purtroppo oggi la comunicazione scientifica è diventata questo: uno strumento di propaganda camuffato da oggettività».
Nel finale del suo intervento, Castellane sottolinea come questa narrazione – per quanto assurda – abbia un impatto reale sul dibattito pubblico. Ridurre la crisi climatica a una questione di genere, accusare simbolicamente una fetta della popolazione in base a stereotipi inventati, non aiuta né l’ambiente né il confronto culturale. «Esistono solo nelle fantasie di un certo femminismo» – conclude – «questi uomini che passano la vita a impennare sul motorino e ingozzarsi di carne. Non vivono nel mondo reale».
In fondo, forse il barbecue non è il vero problema.
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