Ammetto di essere decisamente confuso in relazione al referendum indetto per il 9 giugno prossimo venturo, e lasciate che vi spieghi brevemente perché. Da una parte, sembra trattarsi di un referendum importante e massimamente degno, dato che finalmente si torna a mettere al centro dell’agenda politica il tema del lavoro, che è il tema intorno al quale dovrebbe organizzarsi ogni discorso serio. La lotta contro la precarietà è indubbiamente una cosa sacrosanta, una cosa sulla quale non posso che trovarmi del tutto d’accordo.
E però vi sono due aspetti che mi lasciano interdetto e che così voglio condensare celermente. Anzitutto, mi lascia decisamente perplesso che a organizzare questo referendum contro la precarietà lavorativa siano quelle forze che, quando erano al governo, hanno più di tutte aperto la strada alla precarizzazione del mondo del lavoro. E dirò di più: al massacro organizzato delle classi lavoratrici, secondo i desiderata dei gruppi dominanti del blocco oligarchico neoliberale. In sostanza, le stesse sinistre fucsia che hanno introdotto il Jobs Act e massacrato senza pietà i lavoratori, adesso che non sono più al governo, indicono un referendum con il quale dicono di voler tutelare il mondo del lavoro che esse stesse, lo ricordo, hanno spietatamente massacrato quando erano nelle condizioni per poterlo fare.
Vogliono dunque combattere contro se stesse? O, più semplicemente, cavalcano l’onda della protesta contro la precarietà che loro stesse hanno contribuito in modo non trascurabile a introdurre? Sembra a tutti gli effetti il famoso gioco delle tre carte. La destra, che criticava il Jobs Act quando era all’opposizione, adesso che è al governo e potrebbe rimuoverlo, tace solennemente. La sinistra, che ha introdotto il Jobs Act quando era al governo, adesso che è all’opposizione, dice di volerlo togliere.
Poco altro da aggiungere, temo. Il secondo aspetto che mi stupisce e mi lascia interdetto riguarda il fatto che, inserito e quasi camuffato tra i diversi quesiti referendari legati al tema del lavoro, compare anche un quesito legato all’allargamento della cittadinanza: uno dei cavalli di battaglia della sinistra arcobaleno.
E sorge allora quasi il vago sospetto che questo sia il vero tema che sta a cuore alla sinistra fucsia, e che, per ottenerlo con successo, voglia portare le persone a votare attirandole con la questione lavorativa, utilizzata quasi ad arte come uno specchietto per le allodole. Insomma, se le sinistre davvero avessero oggi a cuore il tema del lavoro, non si spiegherebbe perché fino a pochi anni fa hanno massacrato senza pietà i lavoratori. E quindi sorge il dubbio che usino questo tema soltanto per portare avanti il programma di allargamento della cittadinanza.
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